C'è un uomo solo al comando, il suo nome è Caiazzo... Felice Caiazzo!

Sono nato per correre... ma nella modalità inseguimento, non nella fulgida ed esaltante modalità di apripista. Ed il tutto mi fu chiaro fin da piccolo quando, nel periodo estivo, ogni mattina inseguivo il nonno Felice che svolgeva le sue commissioni.
In casa dei nonni, più o meno, funzionava così: la nonna Maria definiva un bis

ogno, se il bisogno non poteva essere soddisfatto dai 3 negozi alimentari, il macellaio, la merceria, la lavanderia e la ferramenta collocati nella stessa via dove abitavano allora al nonno Felice veniva assegnato l'incarico di trovare la soluzione. Il nonno, con fare marziale e militaresco, si adoperava per assolverla nel migliore dei modi possibili. La tipica serietà del suo volto conferiva, ogni mattina, la "sacralità" al compito che ci apprestavamo a portare a termine, quasi ci fosse da infiltrarsi tra le file nemiche nel territorio avverso per sabotare il quartier generale. La cosa non era poi molto lontana dal vero, perché la difficoltà per ottenere un pieno ed incondizionato gradimento sugli esiti della commissione da parte della nonna Maria era prossima alle difficoltà che ci sarebbero nella distruzione del quartier generale nemico. In tutto questo io ero al seguito, in tutti i sensi.
Il nonno Felice non sapeva affrontare una passeggiata senza avere un passo accelerato. Tenere il suo passo, per me bambino, diventava inevitabilmente una corsa. Tutte le mattine c'era quindi una vorticosa sgroppata che partiva da casa ed arrivava nella consona zona del centro storico per le più svariate necessità.

C'era il passaggio da Grassi: il compito quasi sempre era trovare quel determinato detersivo / prodotto necessario per sbiancare qualcosa, ma non c'era possibilità di risolvere con un detersivo clone, il detersivo / prodotto doveva e poteva essere solo quello indicato.

C'era il passaggio da Bosio per acquistare una stoffa necessaria per fare un sopra tavola, un vestito, una tovaglia, un copri letto,... come il nonno potesse orientarsi tra quelle varietà di stoffe a me sfuggiva, ma probabilmente le indicazioni erano chiare. Il rischio però era sempre dietro l'angolo: tornare a casa e constatare che la spiegazione era stata tragicamente malinterpretata! Allora si avviava una scaramuccia per ricostruire il motivo dell'errore, il nonno, se possibile, diventava ancora più serio, ma alla fine entrava in campo la fantasia della nonna che adattava la stoffa sbagliata ad un prodotto di sartoria diverso dall'originale, perché la resa non era possibile. In compenso questa scelta apriva lo scenario di un successivo passaggio da Bosio per assolvere all'acquisto della materia prima per realizzare il primario manufatto.

C'era il passaggio alla Pirelli, cosa di solito tranquilla perché sottendeva ad esigenze del nonno e su queste non doveva render conto. Alla Pirelli ricordo che a settembre del 1975 il nonno Felice mi comprò la borsa con la quale sarei entrato in classe il primo giorno di scuola. Era evidente a me ed al nonno che la questione era di una rilevanza tale che andava ben oltre un acquisto ordinario. Io ero prossimo alla scelta per la vita, leggermente meno impegnativa della scelta per il matrimonio, ma certamente decisamente più impegnativa di una qualsiasi scelta fatta fino a quel momento e per i futuri 20 anni. Io entrai in Pirelli con tutta la tensione e la consapevolezza della gravità del momento: stavo diventando grande e per questo meritavo la mia cartella in pelle o similpelle. Le borse erano esposte in una mensola in alto dietro al commesso che, per me, era seminascosto da un gigantesco bancone. Non vedevo il commesso molto bene, ma vedevo splendidamente le borse! Il modello era unico, differivano solo per colore: scelsi azzurro spento con rifiniture bianche. Il nonno non disse nulla e pagò con la risoluta certezza di avermi aiutato a compiere un importante passo della vita.
La stessa cosa, ma con tensione minore, accadde quando nel 1980 entrammo per acquistare il pallone di cuoio per il mio undicesimo compleanno. Perché compravamo un pallone in cuoio visto che non giocavo a calcio ed i due potenziali cortili dove lo avrei utilizzato erano in cemento o ricoperto di ghiaia, quindi non "omologati" per palloni in cuoio, ora non mi viene in mente. Il pallone, in effetti, restò inutilizzato nella mia camera.

C'era il passaggio al mercato coperto, questa sì che era una commmissione tosta ed assai complicata! Il nonno diventava guardingo, come se stesse per subire un agguato da parte del nemico. Si girava il mercato almeno due volte. Questi giri erano gli unici fatti ad una velocità che mi garantiva di non dover correre. Il nonno doveva assolvere a due obiettivi fondamentali: la qualità del frutto / ortaggio ed il minor prezzo. Questo prevedeva il foglio di incarico di nonna Maria e quasi sempre il risultato, arrivati a casa, non era all'altezza dell'aspettativa della nonna. Altra scaramuccia, ma poi con la pasta sul tavolo tutto si risolveva. :-)

C'era il passaggio alla Standa il più delle volte legato alla necessità di acquistare un ombrello essendo noi usciti senza valutare che avrebbe potuto iniziare a piovere.

C'era il passaggio tra gli amici del nonno sotto i portici del Collegio. Ma era un passaggio fugace, spesso un semplice saluto, poco più di una testimonianza di essere ancora vivo. Eppure, pensadoci ora, il nonno non era vecchissimo aveva tra i 65 ed i 70 anni... ed ancora un quarto di secolo davanti.

Tutti questi incarichi erano sempre disgiunti, quasi mai si cumulavano ed a volte si andava in centro solo per fare una semplice passeggiata. Ma che semplice e soprattutto passeggiata non era mai, sempre di sgroppata si dovrebbe parlare perché alla fine si correva. Ma perché? La spiegazione stava in una caratteristica del nonno: cascasse il mondo, alle 12 si doveva essere a casa, con le mani lavate, le gambe sotto il tavolo e pronti ad affondare in bocca una ricca forchettata di pasta asciutta al ragù.
Proprio per non correre il rischio che io potessi attardare l'operazione di rientro, a casa si rientrava in autobus. Non avrei retto nulla di diverso e per fortuna in questo caso c'era una convergenza di interessi: le mie gambe stanche e lo stomaco vuoto del nonno. Al rientro scendevo dall'autobus, gettavo nel cestino dei rifiuti il biglietto giallognolo ed illeggibile ricevuto dalla macchina obliteratrice in cambio delle 100 lire che mi aveva dato il nonno e quasi sempre scommettevo tra me e me cosa avremmo mangiato: schiaffoni o tagliatelle? :-)