C'è molta confusione e spesso i giornalisti non aiutano per risolverla.
Tutto è iniziato, per noi comuni mortali, con il decreto Bersani (probabilmente per le segreterie politiche la cosa è avvenuta assai prima).
Questo decreto tenta (a volte non riuscendo nel suo scopo, come per i taxisti) di liberalizzare alcuni settori dell'economia italiana per garantire una reale concorrenza che favorisca i
consumatori.
Alcuni "soloni" del giornalismo italiano plaudono a questa iniziativa liberalizzatrice perché sostengono, non a torto, che si debbano in qualche modo migliorare i rapporti tra cittadini e
corporazioni. Penso ai notai, agli avvocati, ai farmacisti, ...
Però gli stessi "soloni" affermano anche che dopo queste iniziative il governo dovrà anche farsi carico di "mettere in riga" i sindacati, equiparando in un certo modo le corporazioni di
professionisti ai sindacati e chiedendo che il governo di centro sinistra faccia quello che non è riuscito a fare il governo di centro destra (azzerare il ruolo del sindacato, in sostanza quello che
ha fatto la signora Tatcher nella Gran Bretagna tra la fine dei '70 e l'inizio degli '80).
Addirittura la ministra Bonino, che forse vuole emulare la "lady di ferro" e che certo ha un ruolo non marginale, ha sostenuto, in un'intervista apparsa sul portale alice.it, che in fondo i sindacati
tutelano solo i lavoratori che non ne hanno bisogno e che invece dovrebbero iniziare a tutelare i senza tutela. Quali siano poi queste categorie che i sindacati non tutelano non si capisce
dall'intervista (la ministra pensa ai disoccupati?, ai clandestini?, ... forse pensa ai Radicali?, ...).
Si capisce invece con estrema chiarezza come la ministra Bonino cerchi di riportare all'ordine del giorno il tema posto con il referendum promosso dai Radicali sull'abrogazione dell'articolo 18. I
Radicali lo persero quel referendum che non raggiunse nemmeno il quorum, ma si sa che a perdere non ci si sta mai!!!
Dal momento che c'è così tanta confusione, sia nei giornali che nel governo, vorrei fare alcune considerazioni sui sindacati, e sui partiti politici che in qualche modo si adoperano per migliorare le
condizioni di vita dei lavoratori.
Entrambe queste tipologie di "organizzazioni" tutelano gli interessi delle classi lavoratrici ed è del tutto naturale che spesso i sindacati ed i partiti dei lavoratori (soprattutto di estrazione
comunista, socialista, socialdemocratica) si siano trovati in posizioni molto vicine, se non addirittura coincidenti.
Questo ha portato a confondere i reciproci ruoli, sia per l'opinione pubblica, ma temo anche per i molti "soloni" del giornalismo italiano che ora vogliono dettare l'agenda politica del
governo.
Nella storia italiana si sono sostanziate due teorie:
- una che prevede la separazione e reciproca autonomia tra sindacato e partito. Il sindacato si occupa degli interessi di impatto immediato sul lavoratore salariato (interessi economici e di tutela
del lavoro), il partito politico si occupa degli interessi politici e della trasformazione della società a favore dei lavoratori.
- l'altra che vede il sindacato come cinghia di trasmissione tra il partito e le masse operaie. Il sindacato è quindi uno strumento subordinato agli interessi ed alle direttive di partito che quindi
detta la linea di azione sindacale
Se è vero che la seconda teoria ha avuto una certa pratica fino agli anni '70, quando il partito comunista ed i partiti di estrazione socialista raggiungevano il 40-45% del consenso popolare, ora le
condizioni sono diverse. I grandi partiti di massa come lo erano il PCI, o il PSI o la stessa DC sono scomparsi ed il sindacato ha assunto una maturità tale che lo rende autonomo sia nella
formulazione delle analisti, ma a maggior ragione nella definizione delle azioni di lotta a sostegno dei lavoratori che rappresenta.
Ora quindi la forza del sindacato sta nei lavoratori che rappresenta e non più nelle "sponde politiche". Questo è indubbiamente un elemento di grande autonomia per i lavoratori, ma al contempo è un
elemento di estrema pericolosità. Infatti nel momendo in cui si cerca di spezzare il fronte sindacale non vi è altro "collante" se non gli inteerssi dei lavoratori stessi. Per questo il precedente
governo ha cercato in ogni modo di creare uno scontro generazionale tra i "vecchi" lavoratori a tempo indeterminato ed i "nuovi" lavoratori precari, nel quale si inserisce proprio l'iniziativa
Radicale sull'articolo 18.
Questo ha cercato di fare il governo Berlusconi senza riuscirci. Ora questo vorrebbero alcuni giornali, ma confido nella forza delle classi lavoratrici, nonostante in questi ultimi anni siano state
messe sotto grande pressione. Infatti la legge Treu prima e la legge 30 poi ha provocato una precarizzazione del lavoro che purtroppo sta provocando situazioni di ricatto, diretto o anche solo
psicologico. Infatti il lavoratore precario che è in attesa del rinnovo del contratto è sotto scacco e "costretto", dalla situazione contingente, ad accettare quello che il datore di lavoro gli
impone. Va letto anche in qeusto modo il tragico aumento delle cosiddette morti bianche: il primo che si rifiuta di fare certe cose, magari potenzialmente pericolose, è il primo a cui non verrà
rinnovato il contratto.
In questo senso sta anche l'apparente difficoltà che ha il sindacato nel tutelare alcuni lavortori. L'assurdo è che, molto spesso, è il lavoratore stesso che non vuole essere avvicinato dal
sindacato, perché questo potrebbe costargli il posto di lavoro.
Quello che il sindacato chiede al nuovo governo sono cose assai semplici e di facile lettura:
- escludere la politica dei due tempi per il risanamento economico (sacrifici per i lavoratori che in un secondo momento verranno ricompensati)
- lotta alla precarietà abrogando la legge 30 che ha creato lavoratori precari che, pur lavorando, non hanno quel minimo di stabilità necessaria per costruirsi una vita autonoma
- lotta al razzismo abrogando la legge Bossi-Fini che si accanisce ingiustamente su chi viene in Italia per lavorare dando così un contributo decisivo allo sviluppo del nosto paese
Coloro che paragonano il sindacato ad una corporazione evidentemente nascondono la testa sotto la sabbia ed utilizzano questo espediente linguistico per avallare le loro richieste. Come è facile
capire i temi sopra elencati non possono essere considerati temi "corporativi".
Come è evidente le corporazioni sono organizzazioni chiuse che cercano di limitare al minimo indispensabile l'ingresso di nuovi soggetti, il sindacato invece è per definizione un'organizzazione
aperta che anzi lotta per il raggiungimento della piena occupazione di tutti i cittadini ed è tutt'altro che orientata all'esclusione.