Nuove professioni, anzi no: assistenti domiciliari

Il Governo ha approvato un nuovo scaglione di regolarizzazioni per cittadini stranieri. Sono stati ammessi i 350.000 esclusi nel mese di marzo, anche se nella realtà erano già presenti e occupati in Italia.

A differenza di quanto si crede o si pensa una grandissima parte di questi immigrati irregolari, ora regolarizzati, è femminile, proviene dall'Europa dell'Est o dall'America latina, ed entra con permessi turistici. Il lavoro da loro svolto contribuisce, in modo spesso sommerso, alla soluzione dei problemi di cura per gli anziani di molte famiglie italiane.
Anche se siamo abituati ad identificare l'immigrato come maschio e proveniente da paesi africani (Marocco, Tunisia, Ghana, ...) dovremmo prendere atto che nella realtà non è sempre così.
E' a queste lavoratrici che si riferisce la maggior parte dei nuovi ingressi autorizzati. Sono persone che nel mese di marzo erano rimaste escluse, magari per un differenza di pochi secondi.

Il decreto sui nuovi ingressi sollecita una riflessione sul lavoro misconosciuto della cura agli anziani e dell'assistenza domiciliare che nella vita quotidiana delle famiglie italiane è sempre più necessaria.
Questa figura professionale è un evidente segno della crescente inadeguatezza del nostro sistema del welfare.
Alla crescita degli anziani in Italia non ha corrisposto un incremento adeguato dei servizi pubblici a essi destinati. Tra i primati negativi dell'Italia rientrano anche
- il minor numero di posti letto in strutture protette per gli anziani;
- le minori risorse pubbliche nell'assistenza domiciliare.
L'Italia ha più alto tasso nel mondo di persone con oltre 65 anni e per contro ha il numero più basso di posti-letto in residenze protette per anziani. Anche nel caso dell'assistenza domiciliare, l'Italia si colloca all'ultimo posto.

Per di più l'evoluzione della nostra società fa sì che il "tradizionale" ruolo della donna italiana dedita alla famiglia si stia "estinguendo". Va via via esaurendosi il lavoro non riconosciuto e non pagato delle donne (mogli, madri, figlie), che all'interno delle famiglie si sono sempre fatte carico delle esigenze dei congiunti più bisognosi.
Si verifica così una richiesta di risorse da paesi più poveri per colmare questo vuoto venutosi a creare nella nostra società e nelle nostre famiglie. Anche per questa ragione l'abusato termine "badante" è riduttivo ed ingiusto perché queste donne sono chiamate ad assicurare servizi che vanno molto oltre il semplice "badare" agli anziani: li assistono, fanno loro compagnia, forniscono prestazioni delicate e spesso para-infermieristiche.

L'organizzazione di attività di questo tipo necessita di persone disposte a convivere giorno e notte con i datori di lavoro ed in pratica a diventare "una della famiglia", pur non essendolo. Infatti va ricordato che spesso queste lavoratrici hanno famiglie e figli molto giovani nei paesi di origine. Partono per poterli mantenere e assicurare loro un futuro migliore, esponendosi per questo a sacrifici fisici ed emotivi grandissimi.
Vengono per aiutarci in un settore dove lo Stato non brilla per lungimiranza ed interventi economici e noi complichiamo loro la vita!!!

In questi mesi si sta cercando di portare avanti a fatica una trattativa sul contratto nazionale delle "assistenti domiciliari". Contratto che per la frammentazione delle parti (lavoratrici e datori di lavoro) e per la fisiologica difficoltà di "emersione" per le lavoratrici stenta a chiudersi.
Probabilmente se si lavorasse al superamento della privatizzazione del rapporto di lavoro tra famiglie e lavoratrici e si identificassero soggetti come istituzioni pubbliche o imprese sociali che assumano le lavoratrici, queste persone si troverebbero in una posizione più vicina a quella di un normale dipendente e questo semplificherebbe le cose. I relativi costi non potrebbero che essere da imputare alla collettività, che non può permettersi di non affrontare il problema della cura dei propri anziani.