Civiltà, religione, risorse naturali, "occasioni" per guerre

La guerra è null'altro che un'opzione tra le tante, spesso la soluzione più rapida (e meno indolore) per risolvere questioni tra stati. Quando la diplomazia si "inceppa" ecco che questa opzione salta fuori e via a strabilianti spese per gli investimenti militari.

Oggi che pretendiamo di vivere in una società progredita siamo ancora costretti a fare i conti con la voglia di guerra che altro non è che la voglia di previcare.
I motivi in fondo sono sempre quelli:
- civiltà (intesa come diversa organizzazione storica e culturale)
- religione
- risorse naturali

Queste sono tutte entità non neutre, nel senso che hanno in sè dei valori (disvalori?) innegabili:
- se io impongo la mia "civiltà" allora sono più "potente";
- se io impongo la mia religione allora dimostro le "ragioni" del mio dio;
- se io ottengo per me le risorse che mi servono posso "costringere" gli altri ad una vita di stenti e di "asservimento".

Quello che scrivo sono certamente banalità, ma nel momento in cui queste banalità vengono tradotte nella vita quotidiana ecco che tutto assume toni molto più complicati. E' la famosa farfalla che con il suo sbatter d'ali sulle coste del Giappone provoca uragani negli Stati Uniti. Tutto parte dal "nulla" (che siamo noi) e poi diventa immenso e distruttivo (che sono le guerre tra stati).

Chi vuole fare la guerra traduce in modi più o meno raffinati il concetto espresso nella frase di "Codice d'Onore" dove il colonnello "Jack Nicolson" dichiara di fare un lavoro che nessuno vuole fare e che di conseguenza si aspetta che non lo si contesti se lo fa in un modo non troppo "democratico". La sottile linea rossa, sempre per restare in ambito cinematografico, è difficile da definire. Se pensiamo che il nostro benessere economico è spesso costruito, anche senza guerre dichiarate, sul malessere fisico ed economico di tutti i sud del mondo dovremmo chiederci se davvero il nostro tenore di vita, la nostra "civiltà", meritino questi sacrifici. Poi però continuiamo a consumare, perché se non lo facciamo l'economia non gira.

Ed allora cosa c'è di meglio che dichiarare che il problema non siamo noi, il problema sono gli altri che non ci assecondano in questo modello e se gli altri si rendono indisponibili a seguirci li convinceremo con la forza. Ed allora dovremo imporre di volta in volta ed a seconda delle nostre "esigenze" la nostra "civiltà" piuttosto che la nostra religione. Il tutto per arrivare ad ottenere quelle risorse che altrimenti non avremmo potuto gestire.

Sarà sempre così?