La battaglia sull'art. 18 non è stata una battaglia di retrovia

Mi capita spesso di leggere o sentire da amici, parenti, conoscenti, ma anche giornalisti e professori che il sindacato tutela solo i lavoratori che già sono tutelati. Io credo che questo sia un luogo comune che deve essere rivisto e sfatato. Il sindacato ha indubbiamente delle difficoltà dovuta ad una legislazione che indubbiamente tende a precarizzare e dividere i lavoratori. Nonostante questo ritengo che il ruolo del sindacato non sia stato secondario in questi anni e che anzi, anche grazie alla battaglia vinta sull'articolo 18 abbia contribuito fortemente alla tenuta del paese. Se quella battaglia fosse stata persa forse saremmo all'interno di scenari molto peggiori.

Lo dico da socio-lavoratore di una cooperativa che, per effetto della "suggestiva" legge 30, può essere licenziato da un momento all'altro. Infatti il legislatore ha avuto la brillante idea di stabilire che il mio rapporto predominante con la cooperativa è quello di socio rispetto a quello di lavoratore. Ne consegue che, come in ogni rapporto societario che si rispetti, io possa essere liquidato in un momento qualsiasi deciso dagli altri soci. A questo segue anche che io non potrei ricorrere ad un giudice del lavoro (in questo caso non mi configuro come dipendente), ma sarei constretto a ricorrere alla magistratura ordinaria con tempi ovviamente molto più lunghi. Ovviamente resto un dipendente subordinato nel pagare tutte le tasse direttamente alla fonte.

Per la legge 30 ho usato il termine "suggestiva", perché evoca il professor Biagi, ma anche perché evoca schifezze immonde come quella appena descritta, ma anche, per fare solo un altro esempio, quella del lavoro condiviso. Questa bellissima pensata lega a filo doppio due lavoratori che coprono i turni in maniera complementare come se fossero un solo lavoratore. E cosa c'è di male? C'è di male, per esempio, che i diritti sono equamente divisi (alle assemblee sindacali le loro due teste contano un solo voto), oppure che se uno commettesse azioni che portassero l'azienda a licenziarlo, anche il suo compare sarebbe licenziato, a meno che non trovasse un altro compagno; in questo caso sarebbe comunque licenziato e poi riassunto con un nuovo contratto condiviso con il nuovo amico.
Siamo nel mondo delle "idee geniali", come quelle della delazione come forma di sopravvivenza suggerita dal professore Ichino che vorrebbe licenziare tutti i nulla facenti a meno che questi non denuncino altri più nulla facenti di loro.

In questo contesto, assai tetro, ravvedo nella battaglia vinta sull'articolo 18 una battaglia non di retroguardia come molti, gli stessi che vogliono il sindacato votato alla tutela dei già tutelati, vorrebbero.
Le lotte su questo tema hanno fatto sì che un governo convinto di poter spazzare via l'opposizione "sociale", come già aveva spazzato via l'opposizione parlamentare (priva dei numeri per poter impensierire la maggioranza), ha dovuto arretrare. Il "Patto per l'italia", al quale ahimè hanno aderito anche alcune sigle sindacali, si è dimostrato un bluf infruttuoso. Questo ha fornito "aria" ai partiti dell'allora opposizione, aiutandoli a tornare alla vittoria nella legislatura successiva.

La precarietà odierna è ovviamente un elemento di grave difficoltà per il sindacato che deve sempre più spesso fare i conti con lavoratori che non sono in grado di esporsi per ottenere il riconoscimento dei loro diritti, perché questo li metterebbe a rischio: potrebbero essere licenziati, o potrebbero vedersi il contratto non rinnovato.
I sostenitori del "sindacato inutile" per questi lavoratori dovrebbero interrogarsi se il colpevole di questa situazione è il sindacato o se lo sia una politica che ha cercato lo scontro con i lavoratori e le loro organizzazioni.
Il sindacato deve continuare a trovare forme e modi di lotta per questi lavoratori precari. Non può restare ingessato nelle pratiche industriali degli anni '60 e '70, ma deve evolversi perché il contesto è notevolmente mutato. su questo non vi è dubbio. Deve trovare il modo di coinvolgere anche quelli che ora sono ai margini, apparentemente esclusi dalle dinamiche sindacali.
Però credo che vincere una battaglie di civiltà come quella sull'articolo di 18 non sia marginale. Significa vincerla anche per quelli che oggi l'articolo 18 non ce l'hanno, ma che domani potranno averlo. Si deve assolutamente lavorare per questo obbiettivo!