Eccesso di zelo, miopia o suicidio politico?

A volte ascoltare le parole degli esponenti politici che fanno capo al governo Prodi risulta assai complicato. Sono difficili da seguire nei loro percorsi dialettici e nei loro tecnicismi: dicono, contraddicono, precisano. In questo c'è una certa continuità con il precedente governo che certo non va a loro merito. Diciamo però che la compagine di governo ha sempre un punto fermo, una stella polare che la guida: il mitico programma elettorale uscito dalla "fabbrica del programma" ed il suo più convinto sostenitore, nonché presidente del consiglio, Romano Prodi.

A volte però anche le guide commettono gli stessi errori che commettono i "turisti politici" che le seguono. Ed oggi la "guida" Prodi non ha perso l'occasione di  fare uno di questi errori e sostenere che è giunto il momento delle riforme strutturali e che per questo motivo si deve rivedere l'impianto della previdenza: se l'età media di "sopravvivenza" è aumentata certamente si dovrà aumentare anche l'età per il pensionamento!

E' la matematica che lo impone, è l'Europa che lo impone, è il mercato che lo impone!


Al di là del valore politico che ha questa affermazione (in sostanza Prodi tradisce gran parte dell'elettorato che in lui ha visto un elemento di discontinuità con il precedente governo) mi vorrei soffermare sul bluff che sta dietro a questo ragionamento e che vede Prodi in "buona compagnia" con Draghi (governatore della banca d'Italia) e Almunia (commissario europeo). Ma la combriccola si può ulteriormente ampliare inserendo Maroni e Sacconi (rispettivamente ex ministro ed ex sottosegretario al welfare) ed il loro padrino politico Silvio Berlusconi.
Che l'età media a cui si va in pensione deve aumentare non è quindi un pensiero originale, ma altro non è che la solita ricetta che purtroppo non fa i conti con la realtà dei fatti, o meglio che fa i conti tutelando i soliti noti.

Infatti dimenticano i sopracitati che molto spesso i lavoratori escono dal ciclo produttivo appena oltre i 50 anni, perché "obsoleti" o perché troppo costosi rispetto ai lavoratori precari che la legge 30 e la legge Treu sforna in gran quantità per qualsiasi tipo di attività. Come pensa Prodi di gestire queste situazioni di disoccupazione e di difficoltà di reinserimento nel mondo del lavoro anche a ben oltre i 12 anni dall'età pensionabile? Probabilmente non ci pensa o fa finta di non pensarci.

L'equazione che sta sotto quest'idea è semplice:

  • aumentare gli anni di contribuzione (A) alleggerisce gli oneri inps (B)
  • aumentare l'età pensionabile (C) riduce la spesa pubblica per lo stato sociale (D)

La sommatoria A + B + C + D sarebbe positiva in regime di piena e certa occupazione perché se tutti lavorassero e versassero i contributi non ci sarebbero situazioni da "sanare", cig o mobilità da "coprire".
Invece in un regime di occupazione parziale questa idea ha l'immediato e grosso difetto di escludere da questo meccanismo "virtuoso" i disoccupati per i quali l'aumento dell'età pensionabile altro non è che il prolungamento di una vita fatta di espedienti e spesso fuori dalle leggi (vedi il lavoro nero). Quindi questo ragionamento pone in essere l'esclusione completa o parziale di quella parte di cittadini che, per ragioni produttive, vengono espulsi a 50 anni dal mondo del lavoro. Lo stato sociale, a cui è storicamente demandata la redistribuzione della ricchezza, perde immediatamente dei pezzi.

In definitiva la semplicità dell'equazione sopra proposta è tale solo per le fasce di reddito alte che, tra parentesi, sono anche quelle che fanno i lavori meno usuranti, mentre per le fasce di reddito più basse che, tra parentesi, sono quelle che fanno i lavori più usuranti, non fa altro che allontanare il tempo della pensione senza fornire reali benefici, anche solo in termini economici (certamente lavorare in officina, o su un ponteggio, o tra le corsie di un supermercato a 65 anni non porta benefici in termini di salute!).


Mi chiedo quindi a cosa stesse pensando Prodi quando ha sostenuto questa ipotesi.

Eccesso di zelo, miopia o suicidio politico?

Il fatto che Prodi continui a definire il suo operato riformista non è sufficiente. Ad esso va aggiunto un aggettivo da scegliere tra buono e cattivo per poter dare un giudizio al suo operato. Che le riforme vadano fatte è indiscutibile, ma farle male è anche peggio che non farle. Il riformismo fine a se stesso non aiuta nessuno, meno che meno quegli strati sociali per i quali lo stesso Prodi non più tardi di qualche giorno fa, in un'intervista a Repubblica, ha rivendicato l'innegabile operaizone di giustizia sociale che si compie con questa finanziaria.

Vedremo, certo è che anche la "guida" potrebbe adottare i comportamenti tipici dei ministri del suo governo e precisare, limitare, ammorbidire ... ed in questo cadere in un riformismo di bassissimo profilo.