Riflessioni da tre soldi su scienza, teologia e filosofia

In questi giorni è in corso a Genova il festival della scienza.
Sull'onda lunga del festival della letteratura, inventato e realizzato a Mantova, sono sorti in tutt'Italia festival che hanno lo scopo di conoscenza e, al tempo stesso, di divulgazione dell'argomento che pongono all'oggetto. Credo siano iniziative importantissime, sopratutto in un società come quella italiana dove gli spazi per la diffusione della cultura sono sempre più ristretti.

Come questa mattina mi ricordava il bravissimo Franco Carlini sulle pagine de "il manifesto", la scienza occidentale si è sempre manifestata attraverso i sui "sacerdoti" con estrema prudenza, per almeno due motivi:

  1. molto spesso vengono trattate tematiche che anche gli addetti ai lavori hanno difficoltà a seguire. La prudenza in questo caso quindi non è voluta, ma semplicemente dovuta ai temi trattati
  2. le verità a cui la scienza è approdata nel corso dei secoli si sono necessariamente dimostrate provvisorie perché, per loro natura, sono "esposte" a raffinamenti dovuti al metodo scientifico, all'avanzamento tecnologico e alle speculazioni intellettuali dei successori che hanno introdotto aggiustamenti, se non sovvertimenti delle teorie iniziali


Collegandomi a quest'ultima considerazione Arthur Schopenhauer affermava che "Alla verità è concesso solo un breve trionfo fra due lunghi spazi di tempo in cui è prima condannata come paradossale e poi schernita come banale". Ovviamente il grande filosofo si riferiva alle "verità" filosofiche, ma l'affermazione si sposa bene anche con le "verità" della scienza.
Nel processo scientifico, così sommariamente descritto, si introduce però un elemento di "disturbo": la religione.

Se prendiamo ad esempio le teorie dell'evoluzionismo ci rendiamo immediatamente conto di quello che voglio dire. I cosiddetti "creazionisti" utilizzano precetti o dogmi religiosi per negare la "verità"  che è stata ottenuta tramite un'investigazione scientifica. Insomma la teologia avrebbe il potere di negare la validità della scienza.

Ma le cose, come è nella loro natura, sono ovviamente ancora più complesse. Infatti in questo processo di "disturbo" si intromette anche la filosofia stessa. Se in Schopenhauer che afferma "Chi ama la verità odia gli dèi, così al singolare come al plurale" la scienza trova un alleato, così la teologia trova, apparentemente, un alleato in Karl Popper.
Questi afferma che le teorie scientifiche sono proposizioni universali che possono essere controllate solo a partire dalle loro conseguenze sostenendo in pratica la stessa posizione di Schopenhauer che afferma che "L'errore nasce sempre dalla tendenza dell'uomo a dedurre la causa della conseguenza.". In effetti è proprio questo che fa il metodo scientifico.
L'evoluzione dell'uomo, visto che non si può organizzare un esperimento che simuli milioni di anni di evoluzione, è sostanzialmente indimostrata secondo questo criterio, perché si base su osservazioni fatte su altre specie animali (in effetti la tesi darwiniana della presunta discendenza dell'uomo dalle scimmie è in pratica rigettata dalla moderna teoria dell'evoluzione che sostiene l'esistenza di un "anello mancante"). Inoltre Popper aggiunge che comunque, per quanto numerose possano essere le osservazioni sperimentali a favore di una teoria, non sono in grado di provare la teoria stessa in modo definitivo, perché basta un solo controesempio per confutarla.

E qui il presunto aiuto che Popper porta alla teologia si ferma. Infatti Popper identifica nella falsificabilità il criterio di demarcazione tra scienza e non scienza. Se una teoria è scientifica essa non solo è dimostrabile secondo un criterio scientifico, ma al tempo stesso è anche falsificabile. In questo modo si rende evidente che le pretese creazioniste non hanno nulla di scientifico ed affondano la loro "verità" solo sulla base di dogmi, piuttosto che di tradizioni, piuttosto che di superstizioni.
E qui il cerchio si chiude. La teologia e la religione hanno una loro ragion d'essere che può avere valenze personali o anche collettive, ma che non può impedire il progresso umano per assecondare testi o precetti legati a culture o modi di pensare arcaici.

E per concludere con Schopenhauer:"Io so bene che mi sentirò ripetere che la mia filosofia è disperata; ma solo perché io parlo secondo verità, e gli uomini vogliono sentire invece le lodi di Dio che ha ordinato il tutto secondo il meglio. Ma allora andate in chiesa e lasciate i filosofi in pace.". Per estensione potremmo aggiungere ai filosofi anche gli scienziati.