Vanity fair... e qualcuno lo chiama giornalismo!

Ho avuto occasione di sfogliare "Vanity fair", la nuova rivista di "culto" per chi vuole essere moderno, aggiornato, alla moda, informato, ... la rivista che si fa vanto di indicare al lettore il tempo di lettura dei propri articoli (sticazzi!).

Nello sfogliarlo mi sono accorto che le prime 12 pagine erano completamente occupate da pubblicità. Prima che comparisse uno striminzito sommario, annegato anch'esso nella pubblicità, ho avuto modo di ammirare "sontuosi" pipponi, vestiti, truccati, calzati, ecc. da note firme del business nostrano e non.
Allora ho deciso di dedicare 3 minuti della mia vita (sul solco del modus operandi della rivista stessa) per contare le pagine di pubblicità ed ho scoperto (poco ci voleva) che su un totale di 304 pagine ben 170 erano di pubblicità, senza contare la pubblicità "camuffata" da articolo di moda / costume / società.

Bene, voglio fare i miei complimenti ai felici lettori di questo settimanale, che vuole passare per un settimanale di informazione con firme altisonanti (Mentana, Lerner, Bondi, Luca Sofri e consorte, ecc.) e che invece è semplicemente veicolo di pubblicità e non di giornalismo. Con buona pace di quel giornalismo vero che non è fatto di fuffa, ma di sostanza e che spesso non ha i mezzi di "sostentamento" per poter scrivere cose assai più interessanti di quelle che passano su Vanity fair.