Rugby-mania: l'Italia vola nel 6 nazioni

Era il 2000 e l'Italia veniva ammessa alla corte delle grandi del rugby mondiale. Lo storico torneo del 5 nazioni (Scozia, Inghilterra, Galles, Irlanda e Francia) si apriva alla "cenerentola" Italia. Che pagò duramente il suo noviziato collezionando più volte il cosiddetto "cucchiaio di legno", trofeo simbolico riservato alla nazione che perde tutte le partite.

Sono passati 7 anni e l'Italia è diventata competitiva, non ancora vincente, ma certamente convincente. Ed ecco che, come per magia, tutti gli italiani si scoprono appassionati di rugby, se non addirittura esperti! Qualcuno direbbe "è l'Italia bellezza" e certamente non si allontanerebbe troppo dalla verità.
Quanto tennis siamo riusciti a vedere e praticare grazie al traino di Panatta? E quanto sci grazie al traino di Tomba? Per non parlare di America's cup...

Quindi ben vengano le imprese della nazionale di rugby, consentiranno di ampliare il movimento e dare più spazio a questo bellissimo sport. Intanto però i mondiali di settembre saranno trasmessi su Sky e se il decoder non ce l'hai certamente perdi il rugby su Sky!
Ancora una volta, questo atteggiamento, mostra tutti i limiti della cultura (sportiva) italiana. Non siamo in grado di apprezzare in modo numericamente significativo un evento se questo non è anche di moda, o per lo meno condiviso dalla massa. Massa che, per altro, difficilmente avrà potuto seguire con cognizione di causa le partite dell'Italia, perché le regole del rugby non sono certo il pane quotidiano di questi "modaioli" dello sport.

Mi sono appassionato al rugby da qualche anno, e riesco a vedere il 6 nazioni grazie alla meritoria opera di la7. Sono un semplice appassionato. Non ho mai praticato questo sport e quindi non sono certo un esperto. Io stesso, a volte, ancora fatico a comprendere alcune decisioni arbitrali. Però riesco a seguire anche le partite in cui la nazionale italiana non è coinvolta. Lo faccio perché questo è realmente uno sport dove il collettivo è la forza. Certamente ci possono essere i fuoriclasse che fanno un numero e ti regalano una meta impossibile, o avviano un'azione travolgente, ma quasi mai le sole invenzioni dei singoli ti fanno vincere una partita.
Un esempio è Inghilterra - Italia di quest'anno che si è conclusa 20 a 7 (per gli inglesi, ovviamente). L'Italia ha schiacciato gli inglesi nella loro metà campo per la gran parte del match, mettendoli sovente in grandissima difficoltà, eppure la partita se la sono aggiudicata loro. Fortuna? Esperienza? Abitudine? Può essere, ma il solo sir Wilkinson non avrebbe potuto nulla contro la straordinaria partita della squadra italiana.

Il rugby è bello, e quasi commuovente, (se non fosse che siamo uomini, per diana) perché assistere agli assalti finali di una squadra ampiamente in svantaggio che vuole a tutti i costi segnare la meta dà emozioni intense. E' successo in Italia - Irlanda, con gli irlandesi avanti di una trentina di punti (nel calcio equivarrebbe ad un 6 a 0) e noi a spingere fino all'ultimo istante per portarci a casa la meta segnata all'ottantaduesimo.
La stessa cosa è successa in Francia - Scozia con gli scozzesi vittime predestinate dei francesi, che poi avrebbero vinto anche quest'anno il 6 nazioni, in grado di fare una meta a 3 minuti dalla fine, anche se il punteggio impediva loro qualsiasi velleità sulla partita.

La stessa dedizione, la stessa disciplina, lo stesso agonismo c'è anche nelle difese che, pur con ampi vantaggi che mettono il risultato al sicuro, non lasciano nulla di intentato per evitare che l'avversario entri nella propria area di meta. Concilia con lo sport vedere che, al termine della partita, questa straordinaria foga agonistica si stemperi in calorosi abbracci tra avversari, prima che si dia il via al terzo tempo, la festa che accomuna sconfitto e vincitore in un brindisi, anche questo collettivo.

Desta decisamente impressione, in una nazione dove le forze dell'ordine devono scortare ogni domenica le tifoserie ospiti negli stadi, l'assoluta mescolanza dei tifosi negli stadi di rugby. Spero proprio che la trovata fama del rugby in Italia faccia crescere il movimento senza lasciare lo spazio ad infiltrazioni dei "teppistelli" del calcio che tra spalti e terreno di gioco deprimono decisamente l'atto di competere lealmente e duramente con un avversario sportivo.