Il Papa e l'Italia

Anche se la cosa non piace per nulla al Pontefice ed agli "assolutisti" che identificano nel "relativismo culturale" il male di questo mondo le cose stanno così: viviamo in una società sempre più caratterizzata da elementi multiculturali e multirazziali. Del resto è sempre stato così, ma evidentemente fino a qualche tempo fa il male da combattere per la Chiesa era un altro (il comunismo). Venuto a mancare questo nemico evidentemente la strategia delle "truppe papali" ha identificato nella "promiscuità culturale" il male. La Chiesa si è fatta portatrice della propria morale come unica via per affrontare i problemi che inevitabilmente nascono nelle società complesse come la nostra, tralasciando che la morale religiosa è definita all'interno di precetti a cui si devono attenere i devoti di quella religione, mentre l'etica di uno Stato non si basa su precetti morali, ma su regole di convivenza decise in un patto sociale stipulato tra tutti gli individui che compongono la società. Questo patto sociale è racchiuso nella Costituzione.

La recente e crescente ingerenza da parte del Vaticano nella vita e nelle scelte dello Stato italiano rischia di produrre un clima di inutile contrapposizione culturale  (ricordate le farneticazioni berlusconiane sulla civiltà superiore? Siamo molto vicino a queste prese di posizione) che non risponde alle nuove esigenze sociali e che genera forti lacerazioni delle coscienze ed inutili conflitti. Così accade che se un cabarettista dichiara un fatto incontrovertibile ad una platea di qualche milione di persone viene bollato come terrorista.
Ma come? Rivera si dichiara dispiaciuto perché la Chiesa non ha concesso i funerali religiosi al cattolico Welby, mentre li ha concessi a due feroci dittatori come Franco e Pinochet ed è un terrorista. Ma allora cosa dovremmo dire del Papa che impone di non utilizzare il preservativo anche tra le popolazioni africane tragicamente ed endemicamente colpite dall'aids, causando con questo precetto morale la morte di centinaia di migliaia di bambini, donne e uomini?

La laicità dello Stato italiano e dei deputati chiamati a rappresentare il popolo tutto nelle istituzioni parlamentari è garanzia delle libertà fondamentali e della stessa democrazia di uno Stato e si pone, per sua natura, quale antidoto a qualunque fondamentalismo o estremismo. Se è vero, come è vero, che gli stati moderni nascono dalle rivoluzioni illuministe americana e francese è facile comprendere come le principali conquiste della civiltà moderna, valore fondante di tutte le democrazie, sia la laicità dello Stato.

Il Papa può certo richiamare ai principi morali della religione di cui è patriarca i parlamentari cattolici, ma questi, se vogliono realmente assolvere il compito che la Costituzione gli affida devono farsi portatori delle esigenze della collettività e non delle esigenze di un credo che forse, a ben vedere, è addirittura minoritario nel sentire della cittadinanza.

Le forze laiche del paese devono ribadire con forza e difendere gli ambiti di autonomia dello Stato nei diversi settori culturali, politici, economici, scientifici della vita sociale. La laicità deve assurgere ad elemento essenziale per garantire la pacifica convivenza delle diverse culture che compongono la nostra società.