Il lavoro delle donne

L'affermazione che segue sarà condivisa da tutti coloro che non antepongono un becero maschilismo alla ragione: "le donne italiane lavorano più degli uomini italiani". Quando si parla di media viene sempre in mente la media del pollo, perché è evidente che vi sono anche donne italiane che, per il loro status, lavorano meno anche di uomini italiani, ma si sa che la media diventa necessaria quando si vuole analizzare una realtà ampia e complessa come la società italiana. Chi non condividesse l'affermazione iniziale evidentemente vive in una realtà diversa dalla società italiana. Buon per lui e per le donne che gli sono vicine, ma è macroscopico che si tratta di eccezioni, non della regola.

Da fonti pubblicate su Lavoce.info le donne in media lavorano 8 ore al giorno contro meno di 7 ore per gli uomini. Ma non finisce qui: solo 1/4 delle ore di lavoro delle donne è remunerato, contro una remunerazione dei 2/3 per gli uomini. A questo va aggiunto che, a parità di livello / mansione, la retribuzione di una donna è circa del 18% inferiore rispetto a quella dell'uomo.
Ma quali sono le cause di tale differenza? Il lavoro delle donne è spesso dedicato alla casa (cucinare, pulire, fare la spesa, lavare, stirare, ...) oltre alla cura dei famigliari (figli e genitori anziani) e queste sono attività non remunerate. Tutte queste ore sono una sorta di "volontariato" non retribuito che le donne "donano" alla società. Infatti è evidente che se il lavoro di cura dei famigliari più deboli (bambini e vecchi) non fosse espletato principalmente dalle donne il costo di queste attività ricadrebbe su tutta la società. Se gli asili e le case di riposo per gli anziani sono poche ora immaginate cosa accadrebbe se non ci fosse il surplus di lavoro delle donne.

Sempre da fonti pubblicate su Lavoce.info più di una donna su due non ha un lavoro remunerato completamente: si tratta principalmente delle donne con bassa istruzione (solo 1/3 di queste ha un impiego remunerato), che vivono al Sud (dove solo 4 donne su 10 hanno un impiego) e che hanno figli piccoli (solo il 53% di queste lavora contro il 70% delle donne senza figli).

Certamente questi dati dovrebbero essere visti da tutti coloro che si riempiono la bocca della parola famiglia e che nella sostanza non affrontano i veri problemi della famiglia (che per inciso non sono i dico o la fecondazione assistita). Infatti solo il 30% delle donne italiane riprende a lavorare dopo avere avuto un figlio, segno che evidentemente non ci sono servizi e strutture a sufficienza per garantire alle neo mamme di conciliare il lavoro con la nuova composizione familiare. In questo contesto il basso reddito famigliare spinge le donne a non avere più di un figlio. Si crea così un circolo vizioso di bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro e bassa fertilità.

Riprendendo quindi i dati iniziali (8 ore di lavoro giornaliero per le donne e meno di 7 ore per i maschi) si evince che evidentemente il surplus di lavoro delle donne deve essere ricercato nella cura dei figli e dei genitori anziani, ovvero nella cura dei componenti "deboli" della famiglia. Ovviamente questo lavoro non è in alcun modo retribuito né ora, né nel momento in cui le donne maturerebbero i diritti alla pensione. Non lo si può nemmeno definire lavoro nero, perché è privo di qualsiasi retribuzione.

Purtroppo in questo contesto c'è anche chi sostiene che l'età pensionabile delle donne dovrebbe essere aumentata. Ovviamente non sa quello che dice e sarebbe bene che qualcuno glielo ricordasse. Per esempio qualche ministra del governo potrebbe cogliere l'occasione per farsi sentire. E certo sarebbe molto più utile alle donne una presa di posizione della ministra della famiglia sull'età pensionabile che sulla fecondazione assistita o sui dico.

Per spezzare il circolo vizioso di cui sopra credo che le strade da "battere" siano le seguenti:

  1. aumentare il numero di asili nido
  2. aumentare il numero di strutture per gli anziani (non solo case di riposo, ma anche modalità di cura casalinga che consenta all'anziano di rimanere nella propria casa)
  3. garantire costi accessibili e non spropositati per utilizzare questi servizi
  4. garantire l'equiparazione dei salari in modo tale che non sia automatico, nell'economia familiare, che sia la donna a sacrificare il suo lavoro, la sua professione per garantire la cura della famiglia