Veltroni e la povertà

Pare che il supercandidato alla conduzione del Partito Democratico italiano Walter Veltroni abbia dichiarato: "La ricchezza non è affatto il nostro primo avversario. Il nostro primo avversario è la povertà". Parole sacrosante, che possono essere sottoscritte anche subito, se non fosse che nel paese Italia, in cui Veltroni vuole ricollocarsi come segretario del Partito Democratico e futuro presidente del consiglio, molte persone fanno fatica ad arrivare a fine mese. E guarda caso, coincidenza delle coincidenze, nello stesso paese l'attuale presidente del consiglio che si prepara a fare spazio a Veltroni sostiene che non è possibile portare la tassazione delle rendite finanziare ai livelli europei, perché le attuali turbolenze del mercato potrebbero arrecare danni agli investitori ricchi. Perché parliamoci chiaro, gli investitori non sono i pensionati e le famiglie che hanno investito qualche migliaio di euro, ma sono i soliti noti, quelli che Veltroni non vuole identificare come avversari. Per le famiglie sarebbe sufficiente adottare dei meccanismi di progressività, così come sancito dalla nostra Costituzione.
Allora delle due l'una: o Veltroni è un paraculo che per ottenere consenso dà colpi al cerchio ed alla botte ma non è nemmeno lontanamente vicino ad affrontare la sfida con l'avversario povertà (con tutto quello che ne consegue), oppure in Italia si deve porre seriamente un problema di eccessiva tutela delle rendite finanziarie che, se tassate ai livelli europei, potrebbero garantire un gettito che correttamente redistribuito aiuterebbe a sconfiggere l'avversario povertà. Sennò si rischia di fare la fine di Maria Antonietta che voleva dare brioches a chi voleva il pane.