Pranzo al lavoro nella saletta chiusa ed angusta che invoglia ad avere pause brevi, brevissime, giusto il tempo di terminare la tua pizza margherita accompagnata dalla fedele Coca Cola. Se sei
solo è deprimente oltre ogni misura, ma se sei in compagnia la cosa può essere gradevole fino a raggiungere addirittura il divertente. Si chiacchiera con i colleghi e, quando non si parla di
lavoro, l'ora scorre serena. Eccezion fatta nel momento in cui ci si imbatte nelle inevitabili e traditrici "impasse generazionali", quelle situazioni dove alla fine il "vecchio" conclude con un
inconcludente "ah, ai miei tempi..." che può essere perentorio ed assertivo, ovvero calante ed irrisolto. In entrambi i casi il confine tra giovane e vecchio è marcato per l'eternità. Indietro
non sarà possibile tornare.
La situazione non è nuova, ma la cosa più soprendente è che il ruolo non l'ho mai svolto, perché ora sono io il "vecchio". Questa cosa nasconde forse insidie inaspettate? Non è che gli altri si
aspettano saggezza dalle cose che dico? Perché se è così devo meditare prima di iniziare a parlare (i più direbbero che pure questa è cosa sorprendente) ed ovviamente questo lavorio cerebrale
affatica il mio mononeurone. Povero, eppure anche lui si gode, nell'angusto cranio, la sua meritata pausa pranzo; non vorrò mica negargli il meritato riposo? Quindi assumo l'imperativo categorico
di non lasciarmi trascinare nello sterile agonismo generazionale che avrebbe il solo risultato di affaticare il mononeurone. Perché tra qualche decina di minuti dovrà essere operativo e
riprendere a dare risposte ai clienti, proporre soluzioni alternative, predisporre evoluzioni soddisfacenti.
Nonostante questa mozione di intenti, accade l'inevitabile e tutto per colpa mia che lascio scappare un: "Sai, quando andavo a scuola internet non esisteva, la posta elettronica non esisteva, noi
parlavamo...". Il silenzio più totale avvolge la stanza. Poi una grassa risata rimbomba nella stanza ed i giovani colleghi, dopo uno sguardo di intesa, dicono: "Ma come facevate? Come siete
riusciti a sopravvivere?". E' reale stupore o semplice sberleffo? Propenderei per la seconda ipotesi e quindi assumo un tono che vorrei fosse autorevole (credo che si possa figurare con un petto
in fuori, pancia in dentro e tono baritonale), prendo fiato, do la carica necessaria al mononeurone e racconto che molte cose erano diverse e forse ora sono cambiate anche grazie alla tecnologia,
ma non necessariamente la mutazione è un meglio rispetto ad un peggio. Beccatevi il siluro dell'ultimo secondo, tiè! Infatti se volevo sentire un amico andavo a trovarlo a casa, a piedi, in
bicicletta, in motorino, addirittura in autobus. Oppure lo invitavo a casa mia, oppure ciondolavamo per le strade a raccontarci le nostre cose, i nostri umori, le nostre ansie, le nostre gioie.
Il tutto senza mediazione tecnologica. Poi, sereno ed appagato dalla produzione del mononeurone, mi rituffo ad addentare la pizza margherita che rischia di raffreddarsi.
I giovani restano interdetti, palesemente annichiliti da una sottointesa affermazione: "ah, ai miei tempi i rapporti tra amici esistevano anche quando non c'era campo o non c'era la linea". E
mentre gusto il boccone di pizza che ho strappato con soddisfazione credendo nella giustezza del sottointeso, penso di aver comunque dato degna conclusione ad una inutile diatriba che ha il
semplice scopo di farmi sentire il più vecchio della stanza. Del resto la cosa l'ho fatta abitualmente e scientificamente anche io. E mi sono pure divertito, ma è divertente solo a parti
invertite. Quando sei tu il "vecchio" devi rinforzare le distanze, frappore un ostacolo insormontabile, marcare il rispetto necessario per la veneranda età! Pensando così mi sento decisamente più
vecchio. :-( Il gusto della pizza mi muore tristemente in bocca, ma l'importante è che questa sensazione sia solo nella mia intimità e non venga colta dagli "sbruffoncelli" che ho di fronte. Non
c'è risposta al "è meglio ora o allora?". L'importante adesso è aver chiuso la partita con un sublime goal d'altri tempi, in tutti i sensi! ;-)
I giovani colleghi boffonchiano qualcosa del tipo "Sì, vabbè, ma se piove? Se l'autobus non passa? Se sono senza benzina? Se ho una gomma a terra? Se non ho i soldi per prendere il taxi? Se
arrivano le cavallette?". Questo boffonchio mi ricorda qualcosa che loro non possono conoscere, ma lascio correre. Perché rinfacciare che stanno rubando materiale che appartiene a me e non a
loro? La partita è vinta, ho insinuato nelle loro menti il sospetto che anche un ragazzo del 1969 ha avuto una vita sociale senza l'interconnessione di internet. Quindi dico, con tutta la
noncuranza necessaria al nuovo elemento che ritengo irrilevante, che "... se lo spostamento era impraticabile, o eccessivamente oneroso, o le rispetive mamme non ti volevano tra i piedi, c'era
sempre il telefono. Nessuna mediazione informatica, pura comunicazione verbale al bisogno."
I due si guardano, sussurrano qualcosa e poi concludono "Beh, almeno un sms..., io preferisco la chat, è più interattiva, ma si può fare tutto anche con un sms, purché il tuo gestore abbia la
dovuta copertura per garantire la tempestività." E scoppiano a ridere con il fragore della risata precedente, poi si alzano per andare a prendere un caffè alla macchinetta.
Resto solo con un quarto di pizza margherita, ormai fredda, e metà lattina di Coca Cola, ormai calda. Lo stanzino è chiuso e, come sempre, la solitudine amplifica la tristezza..., ora sono io
annichilito, io che l'sms ho iniziato a conoscerlo da pochi mesi... :-( Il tempo scorre, ci pensi e scopri che te ne stai pure accorgendo!
In un tardivo tentativo di riscatto e di orgoglio il mononeurone classifica gli eventi su cui accertare la reale "consistenza" dell'interlocutore. Valutazione empirica, gioco di prestigio innocuo
che tanto assomiglia a "io lo so e tu no, pappappero!". Se la persona con cui parli li conosce tutti è "consistente" (sostanzialmente ti è coevo), ma se non ne conosce nessuno è "inconsistente",
ovvero etereo come un sms o una connessione wifi!
L'elenco elaborato in fretta e furia è il seguente
- conoscere l'album Panini dell'anno dei mondiali tedeschi nel 1974
- aver visto Panatta vincere gli internazioni di Italia e gli internazionali di Francia e la coppa Davis con l'Italia in Cile nel 1976
- aver visto la finale per il 3° e 4° posto persa con due "missili" brasiliani ed uno Zoff un po' tardivo ai mondiali in Argentina 1978
- aver visto l'Italia vincere i mondiali in Spagna 1982
- aver visto l'Italia conquistare gli europei di basket nel 1983
- aver visto il record dell'ora di Moser in Messico 1984
- ricordarsi che in occasione di Chernobyl non si beveva latte, né si mangiava verdura in quel 1986
- aver visto il trionfo di Alberto Tomba a Calgary nel 1988
- aver visto l'abbattimento del muro di Berlino nel 1989
I due furbacchioni tornano ridendo e li aspetto al varco. L'interrogatorio è serrato, non hanno la minima idea di cosa sto parlando. Tronfio e soddisfatto della lista prodotta dal mio mononeurone
esco dallo stanzino per andare a prendere anch'io il caffè e dico: "Ragazzi siete solo chiacchiere e wifi, solo chiacchiere e wifi!". Sono talmente eterei, che non colgono la citazione. Certo che
se io pronuncio la frase appena detta sono "Al Capone", mentre loro sono "gli Intoccabili" :-( Deve essere proprio vero che l'"impasse generazionale" nasconde insidie inaspettate :-)