Non ho mai tenuto un diario: perché?

  1. è un'attività abitualmente riservata, o ritenuta riservata nella vita concreta, al mondo femminile (la letteratura ci riserva invece fior di "omaccioni" che tengono un diario: sono particolarmente affezionato a "Confessioni di un artista di merda"* di P.K. Dick e sinceramente sorpreso dalla diffusione di massa del "Diario di una schiappa" di J. Kinney). La mia scelta fu in parte subordinata a questo "senso comune" nonostante all'età di 4 anni ebbi il risoluto desiderio di chiedere in regalo una Barbie ed un fucile (pur privato del tamburo, perché l'esplosione delle cartucce mi spaventava). Nessuna scelta più ecumenica sarei riuscito a fare per superare la divisione per genere dei giochi riservati al mondo della fanciullezza. Lo stesso approccio di congiunzione tra i due lati del cielo non l'ho trasposto nella redazione di un diario;
  2. sarebbe stato troppo faticoso e dispendioso scegliere tra le cose importanti da vergare sul diario e le cose inutili da dimenticare già la mattina successiva. Nella mia terribile vocazione "completista" non sarei mai riuscito ad escludere dalla redazione del diario l'insignificanza di aver preso l'autobus numero 11 alle 7.51 invece che l'autobus numero 11bis alle 7.56;
  3. scrivo a tutt'ora molto lentamente. Per descrivere una mia giornata, anche per effetto della mia vocazione "completista", avrei impiegato 24 ore! L'insana conclusione sarebbe stato un ricorsivo richiamo nella stesura del diario alla stesura del diario stesso. Mi sarei ritrovato a scrivere "oggi ho scritto nel diario che ho passato il giorno a scrivere il diario" con l'inevitabile esclusione da una, seppur minima, vita sociale. Leopardi se lo poteva permettere per talento e genio, io no;
  4. la domanda inconscia "la mia giornata merita di essere ricordata inchiodando il ricordo nero su bianco?" trovava una evasiva, ma risoluta risposta inconscia "no!";
  5. l'unico e vero senso che ho dato alla parola diario era la programmazione di un'attività futura, come si fa con un'agenda, e non il ricordo di una sensazione, di una passione, di un accadimento. I miei diari scolastici sono stati pragmaticamente votati a tal fine e sono densi di "studiare da pagina ... a pagina ...", "portare vocabolario per svolgimento tema", "fare ricerca su..." e completamente privi di qualsiasi cosa che non fosse votata al promemoria.

Quando emergerà che sono stati ritrovati i miei diari diffidate: saranno sicuramente falsi, a meno che non siano diari di Jacovitti o di Snoopy con l'elencazione delle incombenze che toccano a qualsiasi studente

* all'epoca in cui lessi questo libro andavo al lavoro in autobus ed utilizzavo i circa 30 minuti di viaggio per leggere. Ricordo con divertimento la reazione di coloro che letto in modo fugace il titolo del libro che avevo tra le mani, mentre stavano già ruotando la testa altrove per raggiungere altri oggetti ed elaborazioni della noia nel tragitto del viaggio, tornavano a girarsi di scatto per sincerarsi di quello che avevano distrattamente percepito. Credo che l'incredulità dell'appena letto fosse collegata alla parola "artista" più che alla parola "merda". Escludo categoricamente che fosse la parola "confessioni" a turbare la noia di un italiano in autobus.