Siamo sul tetto del mondo

Non lo abbiamo visto e con fatica ne siamo venuti a conoscenza. E' come ritrovarsi a piantare bandiere nazionali sulla cima del K2 negli anni '50: primi, a nostra insaputa, ma orgogliosi di esserlo. Noi italiani mica ci tiriamo indietro dall'essere orgogliosi di noi stessi anche quando non lo sappiamo. Questo è il tennis (in Italia) e gli italiani nel mondo, baby!

Eppure. Errani-Vinci sono campionesse del doppio femminile di Wimbledon. Ora, anche ai più sprovveduti, il nome Wimbledon dovrebbe far accendere una lampadina. Quel nome dice tutto e non solo qualcosa sul luogo che nel tennis ha universalmente il significato di "tetto del mondo". Non è casuale che il torneo, nel pur sciovinistico approccio britannico, assuma il nome "The Championships", i campionati da intendere come torneo che premia il campione, non del torneo stesso, ma il campione assoluto (il tennis non ha il concetto di campionato del mondo, ma di fatto Wimbledon lo è per tradizione e qualità).
Ma non solo. Le due ragazze, con questa impresa che ad oggi ha dell'unico più che dello straordinario, iscrivono per prime due nomi italiani nell'albo d'oro del torneo londinese pro. A questo va aggiunto che conquistando la coppa di Wimbledon realizzano il "Career Grand Slam" entrando nella storia del tennis perché tra le poche che possono vantare il titolo conquistato in carriere in tutti e quattro i più importanti tornei, i cosiddetti tornei del grande slam (in ordine di apparizione stagionale sono Australian Open, Open di Francia, Wimbledon, US Open). Incidentalmente tornano anche ad essere le numero 1 nella classifica mondiale di doppio, ma questa non è storia, questa è mera cronaca che ha un interesse decisamente limitato rispetto alla portata di quanto appena scritto.
Si potrebbe parlare di un piccolo passo di tenniste italiane, ma di grande passo per il tennis italiano.
Invece nulla di tutto questo, la notizia passa in pre-coda pubblicitaria nei telegiornali e trova spazio a pagina 28 della "Gazzetta Sportiva", versione domenicale del rosa più amato dagli italiani. Ci sarebbe da chiedersi se questa posizione, eufemisticamente defilata, sia dovuta alla stratosferica galoppata verso la vittoria ai mondiali di calcio della nazionale italiana, ma troviamo nelle pagine che precedono le nostre eroine ricchi commenti su partite di squadre straniere (l'Italia è stata malamente eliminata al primo turno) e imprescindibili notizie di mercato del calcio per serie A, B e Lega Pro.
Incontriamo la storia a pagina 28, perché il quotidiano sportivo non la sa riconoscere e si accontenta di vivere di un'asfittica cronaca del presente che amplifica un calcio ricco di povertà come non mai. L'Italia piena di sé ed incapace di riconoscere una cosa quando brilla di luce propria invece che brillare per luce riflessa prodotta dal battage di sponsor, media, chiacchiericcio e ammennicoli diversamente variopinti che attirano l'attenzione sull'inutile di tanti allocchi che di sportivo hanno solo la "gazza" rosa sotto l'ascella.

Errani-Vinci sono una coppia casuale, nata dallo squadrone che ha ripetutamente vinto la Federation Cup (equivalente femminile misconosciuto della solo sentita nominare Coppa Davis). Erano le riserve delle due campionesse Pennetta e Schiavone e forse anche grazie a questo "ritaglio" agonistico del doppio sono riuscite a mettere la freccia ed a scavalcare e distanziare le campionesse che le precedevano. Va detto che il tennis femminile nostrano, negli ultimi 30 anni, ha prodotto molte più campionesse rispetto al tennis maschile. A memoria ricordo 2 top five (cronologicamente Schiavone, Errani), una ulteriore top ten (Pennetta), quattro ulteriori top twenty (cronologicamente Reggi, Cecchini, Farina, Vinci) e spero di non dimenticare nessuno. Il tennis maschile ha in memoria l'ultimo top five in Panatta (Adriano) e l'ultimo top ten in Barazzuti, insomma ere geologiche molto distanti non solo dalla contemporaneità, ma finanche dalla modernità. I due maneggiavano ancora racchette di legno che portarono il pur volitivo Barazzuti ad un prematuro abbandono per il sopraggiungere di un gomito del tennista che non perdona.

Il giornalismo sportivo ha pedissequamente seguito il decadimento del tennis maschile e non ha trovato slancio per rintracciare le perle che le ragazze ci hanno consegnato. Perché comunque le campionesse dietro le spalle hanno la Federazione Italiana Tennis, il movimento sportivo ricco di ragazzini/e che al sabato pomeriggio ed alla domenica mattina giocano le qualificazioni dei tornei under locali, i "pallettari" che al giovedì sera si trovano per fare due ore in doppio e per andare a mangiare una pizza e birra alle 22.30. Il tennis esiste anche nel mondo comune, non solo sul pianeta delle professioniste.
Ricordo un encomiabile giornalista Rai, De Laurentis, che condusse la "Domenica Sportiva" per diversi anni. Era questa, per definizione, la trasmissione di approfondimento sulla giornata dedicata al calcio, quando il dio calcio si appalesava al proprio popolo idolatrante solo alla domenica. Iniziò una puntata in modo anomalo salutando con giornalistica gioia la vittoria al torneo internazionale di Palermo di Francesco Cancellotti. Purtroppo non c'erano immagini al riguardo, ma un italiano aveva conquistato un torneo di tennis seppure minore tra i minori. De Laurentis percorreva queste strane scelte giornalistiche: si ostinava a pronunciare il nome Edberg secondo i canoni della lingua svedese in Edberi lasciando molto perplessi tutti coloro (pochi) che sapevano dell'esistenza di sport vari come il tennis.
Erano altri tempi, la RAI provava anche ad avere un ruolo pedagogico-sportivo, ora invece si limita a strappare qualche ritaglio (attenzione, si comunica al gentile pubblico che oltre al calcio esistono anche altri sport!) e per il resto si concentra pure sui ritagli del calcio commentati miseramente da un comico che non riesce a far ridere e da commentatori giornalisti e tecnici che diventano comici.

In tutto questo la "povera Italia" sale sul tetto del tennis grazie alle due ragazze più improbabili che potessi attendermi. La Vinci gioca un tennis antico, fluido, bello, ma inevitabilmente fragile per la contemporaneità. L'Errani gioca un tennis moderno se non fosse che le manca completamente un colpo (il servizio) che la potrebbe escludere dal club delle grandi, ma compensa con cuore, gambe e testa. Le ragazze sono andate molto più lontane di quanto loro stesse credevano e di quanto io potessi aspettarmi. Il giornalismo italiano fatica ad accorgersene ed è costretto suo malgrado e nonostante tutto. Domani ovviamente discuteremo ovunque dell'epocale trasferimento di Gilardino in Giappone, la storia vera è già alle nostre spalle. Però, nonostante il presente che per i media diventa un imminente passato mancato, un sentito grazie alle due ragazze che hanno conquistato un titolo calpestando un campo erboso senza prendere a calci un pallone.