Lo conosco, no


Succede, anzi, succedeva.
Incontravi un ragazzo e lo salutavi. Lui ti salutava. Non lo conoscevi, ma lo riconoscevi e per lui era la stessa cosa. L'avevi riconosciuto, per anni, a scuola, al parco, in gelateria, in sala giochi, in pizzeria, in autobus. Non eravate mai andati oltre il ciao e questo ciao non potevi smettere di somministralo puntuale, certo, innocuo, reciproco. La qual cosa lasciava indifferenti gli altri, quelli che conoscevi, oppure li incuriosiva di una curiosità che non potevi saziare.
- "Lo conosci?"
- "No"
Il saluto non era una cortesia, era una regola di convivenza territoriale. Non vi frequentavate, non avevate amici in comune. Camminavate sulle stesse strade, sugli stessi sentieri, sugli stessi pavimenti e salutarsi era un buon modo per condividere il territorio nel fugace tempo in comune. Non si poteva sapere chi aveva iniziato a salutare per primo, non era necessario saperlo. Era un patto non scritto e non detto oltre al fuggitivo ciao all'incrocio dei rispettivi percorsi.
- "Ma se non lo conosci perché lo saluti?"
- "Perché ci riconosciamo... Dai, andiamo a vedere i quadri, spero che la prof. di inglese non mi abbia fatto qualche brutto scherzo..."

Ora non ci si riconosce più ed il saluto resta sepolto nel tempo dello spazio comune.