Su Facebook, da un po' di tempo, questa pagina di un libro di un autore a me sconosciuto si imprime temporaneamente sulla mia bacheca. Non sapevo della loro esistenza (della pagina e dell'autore)
eppure non ne sentivo la mancanza. Mi mancano tante cose, ma non quelle che leggo in questa pagina.
Mi sentivo, mediamente, carente e combattuto tra contraddizioni che caratterizzano la vita di tutti noi. Per i più acuti sappiate che non sto pensando a "coca cola o pepsi?", "Nike o Reebok?",
"vuoi più bene a mamma o papà?", "Federer o Laver?".
Arginavo le contraddizioni non giocose pensando che i "bombardamenti umanitari" fossero una perversione linguistica oltre che umana, che la "austerità espansiva" fosse la dimostrazione che chi
studia di economia abbisogna di qualche approfondimento lessicale se ritiene necessario mascherare l'impoverimento popolare per garantire stabilità economica, pensavo che l'inventore delle
"convergenze parallele" fosse un funambolo che aveva saltato tutte le lezioni di geometria e pure di geografia se ipotizzava di raggiungere un punto comune percorrendo strade parallele nel finito
mondano e non nell'infinito ideale.
Mi arrabattavo non senza disagio, non senza sofferenza, non senza insuccessi nel cercare una via di uscita dignitosa che non mi esponesse in modo meschino e vile all'utilizzo di formulazioni
stravaganti e suggestive che giustificassero fini e mezzi per un non meglio qualificabile bene supremo. Ovviamente, visto la mia dolente impreparazione, capite bene che questa è una vita di
strazio e di dolore, degna per i santi e non per me.
Però oggi, ancora per l'ennesima volta, un amico posta la pagina condividendola senza commento, come se la pagina avesse il potere di commentarsi da sola. Potrebbe apparire così e non ci sarebbe
granché da aggiungere se non che dal 1871 è passata tanta acqua sotto i ponti, anche quelli svizzeri. Però io, oggi, mi sento di commentare con la mia misera tendenza al dignitoso e non al
"grandioso" a cui aspira l'intimità di buon'anima Amiel. Una pagina che è assurta a profezia illuminata del male assoluto che ci pervade e che oggi viviamo a fronte di un "bene" che non viene
enunciato e quindi nemmeno colto da coloro che condividono ed esaltano questa paccottiglia di pensieri. Questa pagina scrive del bene come se fosse il male e tanti si abbeverano a queste fonti
avvelenate.
Se siete arrivati fino a qui, per curiosità, ve la tolgo: ho condiviso la pagina e non ne ho condiviso nemmeno una parola. Alè!
Ho letto qualche commento di amici che l'hanno condivisa ed i commenti al post che ho condiviso. Uno particolarmente ficcante di Susanna Zamagna, a cui non ho negato un "mi piace" e che riporto
testuale: "Il signore che scrive copia pari pari da Platone nel de repubblica, niente di nuovo sotto il sole... quando uno diventa vecchio, l'età in cui Platone scrisse quest'opera diventa geloso
dei giovani e automaticamente conservatore e difensore del "si stava meglio quando si stava peggio". Io da donna a sto signore gli sputarei in un occhio, questo nega il diritto di tutti
all'istruzione, imbecilli sono tutti gli altri tranne lui, l'unica cultura e' solo la sua, ecc... spero da vecchia anche se ho già 52 anni di non diventare come lui".
Il sotteso concetto malefico alle parole del filosofo svizzero, che credo molti apprezzino nell'oggi perché anche l'incompetenza ha un ruolo di potere, è la meritocrazia. Vedo decisamente
minoritario il timore dell'abbattimento delle barriere del sesso se penso alle cose che postano gli stessi che hanno condiviso l'Amiel pensiero, o della riduzione della maggiore età.
La "disuguaglianza di valore" citata da Amiel è la chiave da tenere ben custodita, nelle segrete stanze. Io ho avuto opportunità e valgo, tu no e quindi non ti immischiare. In fondo la democrazia
non può essere popolare, ma deve essere gestita in modo ristretto: pochi e saggi è meglio, la democrazia può attendere, Amiel dixit. "Io so' io e voi non siete un cazzo!" diceva il marchese del
Grillo interpretato da Sordi. È questo che dice anche Amiel con la differenza che nel 1871 in pochi potevano leggerlo, oggi molti lo possono leggere, anche grazie a Facebook, ma non tutti
riescono a capirlo. Questi ultimi vengono identificati con la locuzione "analfabeti funzionali": sanno leggere, ma non capiscono ciò che leggono. Se lo postano su Facebook danno ragione alla
buon'anima di Eco e non alla buon'anima di Amiel: l'analfabetismo (funzionale o no) è un male, non un bene e su Facebook scrive una marea di imbecilli, alcuni senza nemmeno capire ciò che
scrivono.
Buona pace a tutti.