Era il 9 gennaio, a Modena

Era il 9 gennaio ed ogni burocrate del sindacato sa cosa succede il 9 gennaio a Modena. Si va alla Crocetta, alle ore 9. Si arriva alla spicciolata. Si salutano compagne e compagni che vedi tutti i giorni, ma soprattutto quelli che vedi solo il 9 gennaio. Saluti con un ciao il sindaco e l'ex sindaco e quello che ha preceduto l'ex e quello che ha preceduto quello che l'ha preceduto e quello che non è mai stato sindaco, ma li conosce tutti. Si portano i fiori si onorano le vite brevi di chi ha trovato la morte troppo presto, che morire se sei un ragazzo è un'ingiustizia e questo basta.
Parli con i vecchi, sempre più vecchi, ed anche tu sei sempre più vecchio ed ogni anno scopri la novità della commozione, quella per cui non piangi perché nessuno piange perché tanti hanno già pianto tutto ciò che si poteva piangere e perché il silenzio diventa rumoroso se viene interrotto dal pianto.
Quest'anno i burocrati del sindacato hanno allestito una mostra fotografica che ricorda i 70 anni trascorsi dall'eccidio del 9 gennaio 1950 quando Modena divenne, suo malgrado, e con sommo torto per i sei ammazzati e per i duecento feriti, una Budapest, una Reggio Emilia, una Praga, con camionette e carri armati dell'esercito che scorrazzavano per la città, manganelli che roteavano, fucili, pistole, mitragliatrici che sparavano sulla folla perché la paura facesse il resto. Un uomo ammazzato colpito dalle spalle, alla nuca. Uno finito con il calcio dei fucili e lasciato in un fosso, ritrovato solo dopo, quando la morte lo aveva già raggiunto.
Al burocrate sindacale viene in mente il racconto del nonno, guardia carceraria ed allora agente di pubblica sicurezza, al quale fu consegnato l'ordine di servizio di barricarsi nel carcere e resistere ad ogni possibile attacco perché quella poteva essere la rivoluzione, ma non lo fu. Ed il burocrate pensa che il nonno all'epoca aveva 39 anni, 11 in meno di lui oggi, ma una guerra d'Africa ed una seconda guerra mondiale in più.
Il giorno dei funerali, con i parlamentari sgomenti, a Modena erano in trecentomila e non era musica da record era rabbia, era dolore, era paura.

Bambino di Modena di Gianni Rodari

Perché in silenzio
bambino di Modena,
e il gioco di ieri
non hai continuato?
Non è più ieri:
ho visto la Celere
quando sui nostri babbi ha sparato.

Non è più ieri, non è più lo stesso:
ho visto, e so tante cose, adesso.
So che si muore una mattina
sui cancelli dell’officina,
e sulla macchina di chi muore
gli operai stendono il tricolore.

Quanto sei retorico, burocrate sindacale, oggi è tutto cambiato, oggi è tutto diverso, oggi noi siamo liberi, liberi di non sapere per non dover dimenticare.