Strappare lungo i bordi (una cosa divertente, anche se non per ridere)

Autore: ZeroCalcare

 

Giudizio: *****

 

Grazie ai potenti mezzi messi a disposizione da moglie e figlia ho avuto l’opportunità di vedere “Strappare lungo i bordi”. Io, tardivo tra i tardivi, senza il clamore suscitato dall’effetto “tifo da stadio” che ha accolto questo lavoro, forse non lo avrei visto. Ora, però, posso dire che sarebbe stato un peccato perché la visione mi è piaciuta assai, nonostante la bolgia in cui anche io ed il mio armadillo (tutti abbiamo un armadillo che s’accolla) ci ritroviamo incastrati. Ammiratori e detrattori, come sempre, costituiscono gli estremi più caotici e visibili (chiedere, tra gli altri, a Bob Dylan per la svolta elettrica e per il premio Nobel), ma, per mia fortuna, io gioco in campo neutro, né l’uno né l’altro, eppure non super partes e capirete.

Anche per questo non sento la necessità di dover giustificare il mio apprezzamento né, tanto meno, dover rispondere alle critiche che ho letto qua e là. Sento invece l’opportunità di esprimere un mio giudizio, discutibile e disprezzabile come ogni questione perché, va detto per correttezza, al Barolo ed al Chianti io preferisco una birra chiara ed al piatto culinario servito su un “letto di qualcosa” io preferisco una pizza margherita.

Il lavoro di ZeroCalcare mi sembra un’ottima fotografia, nitida, necessaria, per nulla commercialmente ammiccante e ruffiana. Non mi riferisco a questioni tecniche, delle quali non saprei che scrivere, mi riferisco all’universo che rappresenta. Quell’universo che chiaramente non è, e non vuole essere, esaustivo, ma che esiste in questo Paese. L’autore lo fa con tutte le tribolazioni, dubbi, incertezze di chi ha qualcosa da raccontare, ma non sa se quella cosa da raccontare avrà la dignità di storia. Ecco il mio giudizio è questo, ZeroCalcare ha detto qualcosa a modo suo, per quanto attorcigliato e confuso, ha detto cose che troppo spesso non sentiamo. Io credo che abbia raccontato una storia dove amicizia, disagio, passione, inadeguatezza, sofferenza, gratitudine e leggerezza trovano gli spazi che troppo spesso mancano. Nella storia dell’autore questi spazi ci sono tutti.

Io non so se ZeroCalcare sia l’ultimo degli intellettuali, per certo ci ha offerto prospettive per nulla marginali e secondarie. È importante che persone che hanno cose da dire, nel modo e nelle forme più varie, lo facciano ed è pure importante che su queste storie, e su chi le ha create, si apra un dibattito. Solo in questo modo si scoprirà chi non ha nulla da dire e si aggrappa all’effetto commercial-mediatico del successo di questo o quell’altro senza impiegare nemmeno un attimo per riflettere del perché questa storia è oggi una fotografia istantanea che supera in qualità tanta letteratura quotidiana dispersa in una società che esiste solo sui giornali stessi e che viviamo spesso a nostra insaputa: toh, ma chi lo avrebbe detto che a quarant’anni ci sono ancora lavoratori precari nella vita vera, quella dove pagano bollette, affitti e cercano di trovare pace tra le mille contraddizioni a cui sono sottoposti? Tu guarda il caso...

 

P.S.: nella mia città i pischelli li chiamiamo cinni e, chissà com’è, credo che anche i cinni modenesi abbiano tante cose da dire, anche se non parlano più il dialetto.