Se questo è un uomo

Autore: Primo Levi

 

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Ho letto "Se questo è un uomo" all'età di 14 anni.

L'ho letto perché la professoressa di lettere ce lo assegnò come lettura. Non fu quindi una libera scelta, né tanto meno la curiosità a spingermi verso questa lettura. Fu il destino.

All'epoca non avevo ancora la consapevolezza che anche il mio nonno materno visse in un campo di concentramento per diversi mesi. Dopo l'armistizio dell'8 settembre mio nonno, che era militare di un esercito in rotta, fu fatto prigioniero dai tedeschi e deportato in un campo di concentramento. Come lui tanti altri fecero lo stesso percorso. Per fortuna mio nonno ritornò a casa ed io ho potuto conoscerlo, ma anche quando capii e mi si spiegò di questi tragici eventi non ebbi mai il coraggio di chiedergli cosa fosse stata la prigionia, né lui mai me la raccontò.

 

Levi, invece, mi rese partecipe della tragedia umana che visse in prima persona. Questo racconto ancora mi impressiona. Ancora non riesco a comprendere l'inspiegabile "neutralità" con cui Levi racconta degli abomini compiuti, nell'anno di permanenza nel campo, dai suoi aguzzini.

Fa impressione rendersi conto di come un ragazzo di 20 anni possa trovarsi immerso in un universo di terrore e di dolore e sopportarlo ed adeguarsi come unico modo per restare vivo. L'annullamento della persona sta proprio nel titolo del racconto che narra delle estreme sofferenze psicologiche e fisiche a cui i prigionieri sono stati sottoposti prima di giungere alla morte per stenti, o per soppressione violenta.

Fa impressione leggere della morte, che è una costante di tutte le pagine, che viene raccontata come un evento ineluttabile della quotidianità. Non puoi fare a meno di accettare la morte se vivi in un campo di concentramento che ospita "cadaveri viventi" sembra dirci Levi.

Fa impressione leggere dell'annullamento dell'uomo e dell'imbarbarimento a cui lo si costringe per la pura sopravvivenza. Non si può credere che la differenza tra un uomo che può sperare di vivere ed un uomo che sicuramente morirà presto è il possesso di un cucchiaio di metallo.

Fa impressione leggere che il lavoro a cui tutti aspiravano è quello di selezionare, come un impiegato qualsiasi alle prese con un lavoro di rountine, gli effetti personali dei prigionieri che, non avendo superato le visite vengono gasati immediatamente. In questo modo si riesce a raccogliere qualunque cosa, un bottone, una spilla, un matita, che in futuro ti possono garantire un elemento in più di sopravvivenza.

Primo Levi si ammalò poco prima che l'esercito sovietico liberasse il campo ed il racconto degli ultimi giorni vissuti ad Auschwitz, con i tedeschi in fuga che abbandonano feriti e malati al loro destino è, se possibile, ancora peggio di tutto quanto letto in precedenza. Nonostante questo Levi sopravvisse e potè raccontare al mondo intero quello che è stato il sogno di un folle e l'incubo mortale per 6 milioni di ebrei, zingari, gay, handicappati, dissidenti politici, militari nemici.


Un libro che tutti dovrebbero leggere, superando l'inevitabile difficoltà alla lettura, perché anche chi, per ragioni anagrafiche, non può ricordare deve sapere!