Il tennis come esperienza religiosa

Autore: David Foster Wallace

 

Giudizio: ****

 

David Foster Wallace capiva il tennis, conosceva il tennis, amava il tennis. Questi sono ingredienti sufficienti per scrivere di tennis? No, era sicuramente in una posizione di vantaggio rispetto a chi non conosce il meccanismo del tie break, ma possedeva anche il dono di saper scrivere. Quindi se tu capisci il tennis, conosci il tennis ed ami il tennis puoi lanciarti nella lettura di questi due saggi di David che hanno risvolti molto differenti. Se invece il tennis ti ha lasciato indifferente fino ad oggi puoi goderti la brillante ed ironica scrittura dell'autore e prepararti all'irrefrenabile voglia che ti coglierà di iniziare a giocare a tennis.

Nel primo saggio "Democrazia e commercio agli US Open" si descrivono gli aspetti più "sociali" che il secondo/terzo torneo del mondo, come gli US Open, si porta appresso: marketing, pubblicità, folla, abitudini, cliché e ultimo, ma non per importanza anche il tennis, seppure in modo quasi casuale. Tutto divertente ed ironico, ma prescindibile.
Nel secondo saggio "Federer come esperienza religiosa" invece ti viene aperta una prospettiva di fede e di credenza a cui non hai mai avuto il coraggio di pensare: per nulla (il tennis) e per nessuno (qualsiasi campione che potrebbe averti incantato su un rettangolo di gioco prima di Federer). Questa nuova prospettiva non può avere un risultato inferiore al gridare: io amo il tennis! io adoro Roger Federer! Ed è un percorso molto semplice grazie al fatto che gli ingredienti ci sono tutti: scrittore che capisce quello di cui scrive molto bene ed atleta che trascende l'approccio umano alla sfida tennistica. Federer è fallibile, può essere sconfitto, ma nonostante il suo essere umano assurge a divino perché fa cose che, per tutti gli umani che hanno un minimo di dimestichezza con il tennis, non sono possibili. Sono lampi accecanti, sono situazioni che l'autore descrive come "momento Federer", sono azioni che invito tutti a non cercare di imitare perché la frustrazione nel non riuscire sarebbe troppo sconvolgente e porterebbe ad un prematuro ritiro. Stiamo tutti nel solco del possibile, per il sentiero impossibile lasciamo strada a Federer.
Lettura gradevole ed avvincente anche laddove l'autore ci intrattiene su un lungo e combattuto punto con l'avversario per antonomasia, lo spagnolo Nadal. Scambio lungo da fondo campo, visto in tv nemmeno eccessivamente avvincente, che però fa emergere quello che non tutti sanno del tennis:
- chi vede il tennis in tv non ha la minima idea della forza e della violenza che viene impressa sulle palline;
- Federer ha un'intelligenza geometrica che gli consente di aprirsi prospettive ineguagliabili;
- Federer ha un'intelligenza tennistica che gli garantisce di fare un punto come inevitabile conclusione di una trama di gioco apparentemente innocua;
- Federer ha dei momenti nei quali la fisica, la geometria, la trigonometria, si piegano alla sua volontà;
- l'estetica acquista valore anche nel tennis.

Si può aggiungere altro? Sì, Federer è svizzero. Negli annali tennistici del suo paese alla voce "vincitore Olimpiadi" compare il nome Marc Rossett, oscuro spilungone di 201 cm che le vinse nel 1992, ma non compare ora, e direi non comparirà mai, il nome Roger Federer. Federer non le ha mai vinte, nemmeno quest'anno quando si giocava sui "suoi" campi di Wimbledon. Cosa c'è di più umano nella divinità che viene candidata a farti vivere un'esperienza religiosa che però non ha iscritto il suo nome nell'elenco degli dei dello sport? Questo David Foster Wallace non lo ha potuto raccontare, è morto troppo presto per poterlo scrivere da par suo, come ci sarebbe piaciuto leggerlo.