Riportando tutto a casa

Autore: Fabrizio Cavazzuti

Giudizio: ***

Questo, prima di essere un libro, è un disco, meglio dire un compact disc, anzi no, una musicassetta. Decisamente una musicassetta. Suoni e parole necessariamente trasferiti sull'unico supporto magnetico che allora poteva essere fruito ovunque con gli opportuni apparati portatili: stereo "modello rapper", certo, ad avere le colossali spalle di quei neri che girano con la visiera del berretto posta di traverso!, un più intimo ed alienante walkman che affatica solo la cintura alla quale lo appendi, l'autoradio che diffonde un "sottofondo di compagnia", utile al tamburellare sul volante per lunghi o brevi spostamenti.
Nel mio caso la musicassetta è stata fatta scorrere in modo duraturo e persistente sull'autoradio di serie di una "Fiat Uno 45 Fire", targata MO 781314. Non possedevo stereo, spalle e berretto per l'opzione rapper. Avevo maturato un senso di nausea al walkman perché ero reduce da un anno in caserma con cuffiette indossate per far scorrere i noiosissimi turni di riposo durante le guardie armate o le serate in branda ad attendere il contrappello. Quindi la scelta fu quella di inserire la musicassetta nell'autoradio dove rimase per mesi.
A vent'anni di distanza arriva questo libro che celebra l'anniversario e mi è piaciuto leggerlo per curiosità e per il piacere al ricordo. I racconti, costruiti dall'autore nella sua libera reinterpretazione delle singole canzoni, mantengono l'impianto del disco, la copertina del libro richiama palesemente la copertina del cd e, accidenti, non mi viene in mente la melodia di questo pezzo! Da ogni traccia emerge un racconto più o meno autobiografico, più o meno lieto, più o meno risolto... ma a gh'è da fer dal gran casein! Adesso no, oggi non è il caso, la bimba dorme, ma domani... Lettura che necessita della conoscenza del disco? Credo di sì. Anche se non è una celebrazione in senso stretto è però l'occasione per togliere un po' di polvere e ravvivare i colori a vent'anni di distanza. Quindi non si può prescindere dall'oggetto che si "spolvera". Per gli interessati ho il cd da prestare e per i più legati al tempo che fu forse scovo anche la musicassetta, ma il libro no, quello va comprato :-)
Ci fu un'estate in cui, per le persone che frequentavo, i "Modena City Ramblers" erano la musica di Modena. Alcuni li avevano conosciuti "di persona, personalmente" ed avevano avuto la ventura di ascoltarli anche in concerto in Calabria con la sorpresa che era la band a ricordarsi di loro (!!!) e non solo l'ovvia condizione inversa. Qualche anno prima erano stati i "Paolino Paperino Band" ad avere un riscontro territoriale simile, ma mi avevano sfiorarono solo vagamente e poi sfiorirono o comunque io questo percepii. Tutto quello che era stata la musica leggera "famosa" a Modena e zone limitrofe aveva un sapore di modernariato (Nomadi, Equipe 84), di cantautore impegnato e un po' pesante (Guccini), di spregiudicatezza anticonformista e più o meno sbandata o sbiadita (Rossi).
I MCR avevano quindi assunto l'aurea del "nuovo sottoterra" in un momento di grandi "novità a cielo aperto" e sarebbero diventati quelli che "non c'è un concerto del 1 Maggio senza la loro versione di 'Bella ciao'". Cade il muro di Berlino, lo stragismo mafioso uccide, tra gli altri, i giudici Falcone e Borsellino, la Yugoslavia si frantuma, l'Unione Sovietica si frantuma, il PCI si frantuma, mani pulite contribuisce a frantumare il resto. In tutto questo frantumarsi si deve ricostruire ed i MCR danno un loro contributo musicale certamente non indifferente al "laboratorio politico" che assunse il surreale nome di "gioiosa macchina da guerra" e che venne sbaragliato dal miliardario immortalato sulla copertina del cd dei MCR tramite una prima pagina de "il Manifesto". Berlusconi si inventò la doppia marcia, roba che nemmeno Mao! Al Nord alleato con i "nuovi barbari" della Lega Nord alla conquista di Roma ne "il polo per la Libertà" ed al sud con i post-fascisti ne "il polo del Buon Governo". Insomma una questione "polare" che porta a conclusione un'operazione a tenaglia verso palazzo Chigi facilitata dall'inconsistenza di quello che stava dietro e dentro l'infelice nomignolo di "gioiosa macchina da guerra" (certo se fossero stati, per dire, i Monty Pyton ad utilizzare questa locuzione e non gli imbalsamati post-sovietici e transfughi-pentapartiti le cose avrebbero potuto avere risultati diversi: certamente grasse risate e non sorrisi amari...).
I MCR partono da sonorità inesplorate (Bob Geldof? Ma chi? Quello del Live aid? Quello di The Wall? Ah, no, quelli sono i Pink Floyd..., sì, ma io dico il film, mica parlo delle canzoni, vabbè... lasciami ascoltare, a m'in ceva un caz!), da un senso di appartenenza antica (il canto dei partigiani, la morte del leader comunista dal volto umano ed onesto anche quando dire comunista era un parlar male), dall'uso di una lingua misconosciuta al di fuori del triangolo rosso della Resistenza e delle annesse conseguenze (forse per questo sconosciuto idioma i MCR vengono percepiti come i cantanti stranieri che scalano la classifica nostrana anche se i testi delle canzoni sono sconosciuti alla stragrande maggioranza della platea).
Io in quell'estate sono parte silenziosa della platea, li ascolto in macchina, non partecipo a concerti e meno che meno li conosco. Ma mi piacciono e rileggere il libro mi ricorda il senso di appartenenza politica, non partitica, che la cerchia ristretta delle mie conoscenze aveva coltivato. Poi, come accade anche nei racconti del libro, mi ritrovo in quella coincidenza che non può esistere: nulla è casuale! Quell'estate fu l'ultima estate in cui frequentai assiduamente Palagano, il buen retiro estivo dei miei nonni che da una dozzina di anni affrontavano la calura del bimestre estivo modenese trasferendosi al fresco della collina. I viaggi in macchina Modena-Palagano erano naturalmente accompagnati dai MCR. E Cavazzuti nel racconto "abbinato" a "Bella ciao" costruisce una vicenda che abbraccia i luoghi dei miei viaggi automobilistici di quell'ultima estate appenninica: il parco Santa Giulia, la strage nazifascista di Monchio, la storia che, anche quando deve apparire bianca o nera, può tramutarsi in un grigio da esplorare fino in fondo per non generare equivoci e senza per questo intaccare la storia che deve essere nera o bianca. Non è nemmeno un caso che questo racconto rappresenta la canzone che sancisce il passaggio per cui i MCR sarebbero diventati quelli che "non c'è un concerto del 1 Maggio senza la loro versione di 'Bella ciao'". Riportiamo tutto a casa: libro, cd, musicassetta contengono tanto di quello che non possiamo lasciar perdere.