Autore: Wu Ming
Giudizio: ****
Questo è il modo scelto dal collettivo Wu Ming per non celebrare il centenario della grande guerra. I quattro racconti che lo compongono diventano un atto di commemorazione laica che travolge la
retorica della grande guerra, narrando la grande carneficina e la grande stupidità.
C'è chi si arruola, quasi per noia o per sfuggire alle difficoltà familiari, pur essendo al limite dell'idoneità fisica. Scopre subitaneamente quanto è tremenda la vita di trincea che uccide
tutti i compagni in un solo assalto e decide di rendere ancora più estremo il suo ruolo chiedendo il trasferimento negli Arditi. Prima di una pacificazione non più possibile.
C'è chi subisce traumi bellici tali da renderlo temporaneamente inabile al servizio. Traumi tanto diffusi quanto pericolosi perché la pazzia può diventare incontrollabile e per nulla temporanea.
C'è chi risponde al proprio Paese in guerra perché l'unica risposta possibile è "obbedisco" anticipando lo Stato ed arruolandosi volontariamente. Nonostante la guerra e le ferite subite preserva
il sé stesso che lo rende reietto alla famiglia. Una sorella minore, a cui era stata nascosta l'esistenza dell'eroe di guerra e la di lui memoria perché diventata intollerabile ai genitori,
indagherà per comprendere chi era il fratello e come tutto fosse finito a guerra terminata.
C'è chi immagina una guerra futurista con mezzi sommergibili, volanti e corazzati. A questo si affianca l'artista che sperimenta, sul suo corpo rimasto nella terra di nessuno durante un assalto
fallito, l'arte della mimetizzazione come strumento per nascondersi al nemico e preservarsi. Ma tanta dedizione non trova riscontri nei livelli superiori, ottusi ed ostinati, che muovono le
"pedine" producendo la rotta di Caporetto e poi la vittoria di Vittorio Veneto che, a ben guardare, più che una vittoria è un "inseguimento" dell'esercito austriaco incapace di mantenere le
posizioni conquistate in un paese in fase di dismissione.
La grande carneficina nella grande stupidità.