L'uomo dei dadi

AutoreLuke Rhinehart

Giudizio: *

Pre messa
Prima di dire due parole due, su questo libro mi sento di dover rendere conto di una premessa. Ho letto questo libro perché sono stato letteralmente affascinato dalla recensione di Carrere. La descrizione dell'idea che sta alla base del libro, il colloquio da lui tenuto in due momenti distinti con l'autore, gli approfondimenti fatti con un adepto della tecnica del dado sono stati così coinvolgenti che mi hanno incuriosito al punto di cercare un libro che, lo scorso anno, era fuori produzione. Questo effetto deve aver colpito molte persone perché l'editore ha deciso di provvedere alla pubblicazione di una nuova edizione. Per quanto scriverò di seguito capirete perché ritengo Carrere un grandissimo scrittore che sa toccare i temi che tratta con tempi e modi perfetti per renderli irresistibili. Allo stesso tempo capirete, per i medesimi motivi, perché non comprerei mai da Carrere un'auto usata.

Il libro
Ora spendo con decisione le due parole che posso permettermi sul libro: è brutto! Scusate, meglio dire è bruttissimo! Per non dare credito ad un possibile recupero.

Post messa 
Il protagonista, Luke Rhinehart, è uno psicanalista affermato, ha una splendida famiglia, un collega ed amico, Jake, con il quale condivide gli approfondimenti professionali seguendo il comune mentore, dottor Mann. In un modo inspiegato e, forse, inspiegabile Luke decide (passaggio freudiano?) di assegnare ad un dado le scelte della sua vita. In realtà un motivo c'è: l'attrazione nei confronti della moglie dell'amico Jake. E qui vengo a conoscenza del non scritto da Carrere: le alternative non le fornisce il dado, le alternative le decide Luke. In questo modo il protagonista evita laceranti valutazioni etiche sul tradimento della moglie e dell'amico. La sovrastruttura sociale in cui Luke è immerso glielo impedirebbe, ma se lo ordina il dado la sua integrità è salva. Applausi: non è colpa mia, è il dado che me lo ha ordinato. Il "delitto perfetto" se si tralascia completamente che le opzioni su cui il dado si esprime sono scelte dalle paturnie del protagonista e non dal dado stesso.
Da qui uno sconvolgente sprofondamento in cui il protagonista si annulla scegliendo lui stesso modi e tempi per raggiungere tale obiettivo ed assegnando al dado le scelte, peraltro ponderate.
Il finale è segnato, la vicenda è avviluppata intorno ad una cosa che non esiste: il dado che decide per lui e poi anche per altri che scelgono di diventare adepti del dado (ma non è il dado che prende per loro questa decisione perché sennò sarebbero già adepti del dado,... che noia!). L'unica scena divertente rintracciata in tutto il libro è una trasmissione televisiva nella quale si confrontano un prete, una bigotta, un rabbino, uno psicologo ateo ed il protagonista ormai diventato il sacerdote della religione del dado. Per il resto è solo noia.