Io sono vivo, voi siete morti

AutoreEmmanuel Carrere

Giudizio: ****

Leggendo questa biografia di Philip K. Dick scopro, ma forse già lo sapevo, di aver letto quasi tutti i punti cardine dell'opera dickiana. Compresi testi ritenuti minori, ma che evidentemente Carrere identifica come elementi utili a descrivere il percorso esistenziale di questo autore di culto: Tempo fuori luogo, Le tre stimate di Palmer Eldritch, Confessioni di un artista di merda, La trasmigrazione di Timothy Archer. Gli altri, Ubik, La svastica sul sole, Ma gli androidi sognano pecore elettriche? (Blade runner) sono i capisaldi imprescindibili per conoscere questo scrittore, non puoi eluderli. Valis e tanto altro, invece, non l'ho letto.
Sono stato un discreto lettore di Philip K. Dick, discreto nel senso letterale del termine, intimamente affezionato alla presenza costante dell'intreccio tra realtà ed apparenza. Tutto è vero fino a che qualcosa non ti conduce a credere che sia falso. Ma tra il credere, il capire ed il sapere il passo non è semplice. Tutto ciò mi ha affascinato. Carrere ne fa un filo conduttore nella trama terrena ed ultraterrena (!!!) percorsa nella vita da Dick. Una vita segnata dal destino della sorella gemella, come dall'incapacità, prossima al patologico, di creare relazioni persistenti. È interessante che Carrere colga la propensione alla contraddizione di Dick (ma è proprio tutto vero oppure la verità è altrove? E se è altrove e distinta perché dovrei scegliere di non cambiare idea?). La madre, le mogli, Nixon, l'Fbi, il fisco, Tommaso, cosa sono in realtà?
Come in tutto ciò che ho letto di Carrere la lettura è lineare e coinvolgente. Sia nei passaggi immaginifici della produzione letteraria di Dick, sia nei passaggi reali della vita vissuta. Qui la sfumatura tra reale ed apparente assume tonalità cangianti che credo sia arduo rappresentare diversamente da come ha fatto Carrere.
Nota 1: se non si è letto nulla di Dick non leggete questo libro. Leggete almeno tre dei suddetti titoli prima di passare da queste pagine. Non farlo vi toglierebbe il piacere di gustare Dick per ciò che ha scritto.
Nota 2: il testo, concepito e scritto nel 1993, non può citare l'importante trasposizione cinematografica del racconto Minority report realizzata da Spielberg successivamente. Nel film quest'ultimo e Cruise ci mostrano il "touch and play" che ora smartphone e tablet richiedono anche a noi, anche se, al momento, ancora su supporti fisici e non immateriali. Eppure la tecnologia non è mai il punto centrale per Dick. Uno scrittore a suo modo metafisico.