Un antidoto contro la solitudine

Interviste e conversazioni con David Foster Wallace

È questione di un clic che scatta mentre leggi. Con alcuni autori succede raramente, con altri autori succede con più frequenza. L'antidoto è un semplice artificio letterario, siamo tutti soli perché nessuno può sapere cosa ci frulla in testa. E quello che ci frulla in testa non sempre è gradevole, a volte è vergognoso o deprimente, a volte semplicemente sciocco o stupido, a volte irritante o pretenzioso. In tutti i casi quando c'è di mezzo il genio la cosa diventa quanto meno conturbante. Ti avvolgi nella tua "normalità" e scopri che "cavolo, ma questo è successo anche a me" eppure non ti senti un genio perché forse non lo sei o forse, più semplicemente, non lo sai.
Una carrellata di interviste e di vita di una persona che diventa "famosetta" senza comprendere il perché, lui che si sente impreparato ed inadatto allo "star system", seppure in tono minore, alle interviste e per nulla interessante nella sua essenza di uomo comune. Scrivere è intrattenimento e cerca di farlo al meglio che può, ma la TV, quella TV ti dà le cose facili e senza fatica, mentre nella sua scrittura c'è il difficile, c'è il clic che lui ritrova in altri autori e che non sa se può scattare anche con ciò che scrive lui.
Eppure non è così, anche quando può apparire cervellotico propone vie di uscita all'altezza della situazione (mi sono liberato della TV perché dovevo scrivere e con una TV in casa sarei stato troppo distratto). Una disciplina da marines lo sorregge e lo porta a "cazzeggiare" con la non fiction che gli dà da mangiare (ma io non sono un giornalista, mi hanno detto di guardarmi intorno ed io l'ho fatto), mentre sta scrivendo una mastodontica "Bibbia" dove scrive di dipendenze, di consumismo, di affetto, di passione, di ricerca dell'arte, di voler essere senza riuscire, di vita, di morte e di ironia, troppo spesso crudele, forse metafiction, accidenti a lui.