Chiamate telefoniche

Autore: Roberto Bolaño 

Giudizio: ****

Mi vorrei fermare per pensare, ma poi penso che, per pensare, non ci si deve mai fermare. Non so se questo fosse un fine di questa raccolta di racconti brevi e brevissimi (aveva un fine?), ma è questa la sensazione che mi lascia. Le storie dei personaggi estremi, nel senso che vivono seduti, se non sdraiati, ai margini della società, non sono storie estreme, ma sono storie indimenticabili per il solo motivo di essere raccontate.
Scrittori falliti (uno più fallito dell'altro) che vivono di "espedienti letterari" scambiandosi indicazioni per i concorsi letterari oltre che raccontandosi reciprocamente in un lungo carteggio letterario, finché è possibile. Personaggi di cui non si conosce il nome, ma solo una lettera (l'iniziale del nome o semplicemente la prima e la seconda lettera dell'alfabeto?). L'offensiva esclusione della poesia, non inserita nella rivista che si è contribuito a fondare, che trascinerà il rancore per tutta una vita fino all'inaspettata scoperta finale: il rancore proveniva da una sola direzione. I poliziotti incapaci di comprendere fino in fondo quello che stanno facendo tenendo segregato un ex compagno di classe pensando che è lui che non capisce fino in fondo cosa stia accadendo. Una pornostar, a suo modo romantica, e pronta a donare il suo amorevole interessamento ad un ex collega ormai tramontato. Un amore pazzesco tra una "pazza" (forse) ed uno "normale" (forse). Un legame telefonico per il primo amore della vita fino a che questo non scompare. Colui che passa dall'essere un balordo cileno all'essere il tutto fare di un gangster russo, perché il comunismo lo ha portato lì, e lui ha saputo destreggiarsi non senza perdere le due cose più belle che gli fossero accadute: l'amicizia e l'amore. La donna che ha amato senza essere amata o forse che non ha mai amato pur essendo amata.
In tutte queste storie la poesia si annida nell'assenza di poesia. Il tratto è netto e ben definito, senza ascensioni e senza precipizi. Tutto sembra piatto anche se non può esserlo perché ogni vicenda è tutt'altro che piatta. Le storie scorrono lineari, ma in bilico tra la leggerezza del modo in cui viene narrata la realtà e la disperazione dell'impossibilità di afferrare quella leggerezza per alleviare la realtà. In fondo si trova sempre il finale divaricato tra il detto e il non detto, tra il fatto e il non fatto che ci lascia lì, seduti su quel margine, lettori estremi di storie estreme.