Autore: Matteo Saudino
Giudizio: ****
La ribellione non è una filosofia, ma la filosofia è una continua ribellione. A supporto di questa affermazione chiedo aiuto ad Arthur Schopenhauer. Questi non è presente tra i "filosofi ribelli", ma sintetizza splendidamente ciò che credo sia la ribellione che è nell'arte della ricerca della verità attraverso la filosofia: "Ogni verità passa attraverso tre fasi: all’inizio è ridicolizzata, poi è violentemente contrastata, infine la si accetta come evidente." Mi scuso se la citazione non è precisa, ma non sono riuscito a trovare il volume dove la lessi anni orsono.
Senza la tensione alla ribellione come elemento necessario al pensiero filosofico, la filosofia non sarebbe quello che è: ricerca di verità progressive, in un percorso accidentato e che, per certi versi, si può anche rivelare fallace nel lungo periodo, ma che impedisce all'umanità di rimanere impantanata in una verità immutabile e precostituita fatta di credenze e pregiudizi. L'atto di fare filosofia è un percorso per una ribellione permanente per tendere ad una verità più profonda?, più adeguata?, più vera? quando sarà avvistata all'orizzonte. Non c'è fine al fare filosofia se vogliamo rimanere umani, anche se è luogo comune chiedere "a cosa serve la filosofia?" per rispondere "a nulla".
È una strada difficile, ma intrigante e senza sosta ed in questo libro l'autore raccoglie alcuni esempi di ribellione attraverso il pensiero, lo studio, la conoscenza. In alcuni casi queste ribellioni conducono alla morte (Ipazia e Olympe de Gouges, entrambe donne e forse non è casuale), in altri casi portano all'esclusione per rendere marginale il pensiero di cui il filosofo è portatore (Epicuro, Spinoza, Marx), in altri casi, nell'impossibilità intima dell'abiura, costringono il filosofo alla fuga (Protagora, grande tra i sofisti, termine che nell'odierno uso comune porta discredito su colui che viene additato come tale), ovvero alla propria forza morale (Kant) che risponde attraverso la sua filosofia senza nulla dover aggiungere. Ognuno di questi "ribelli del pensare", a partire dal più antico Anassimandro, entra in qualche modo in contrasto con il potere, politico o religioso che sia, per quanto scrive e proclama. Il potere percepisce questo come atto di sovvertimento della norma e per questo da normalizzare. Non è semplice anticonformismo, o moda, è qualcosa di più radicato, è la ricerca di una verità più profonda alla quale la norma, che resta in superficie, non sa dare risposte.
Sono certo che Schopenhauer, che amava più gli animali che gli uomini, direbbe che queste sono banalità umane, ma Matteo Saudino tiene aperta quella porta necessaria per cui in ogni tempo dell'esistenza di questa terra la filosofia ha saputo ricercare e trovare una via saggia da percorrere. Semmai, troppo spesso, l'errore è stato non percorrere quella strada, ma attardarsi sulle false verità figlie di interessi umani, troppo umani.