Il lettore sul lettino

Autore: Guido Vitiello

 

Giudizio: ***

 

Chi più, chi meno, siamo tutti lettori, eppure in questo libro non si scrive di tutti, ma si scrive solo di quella cerchia (ristretta?) di "condannati all'essere lettori". Per molti questo "status", essere lettore, è la grazia, la gioia che sfocia nel quotidiano piacere della lettura, ma che si trascina appresso annessi e connessi. Chi avrà la curiosità di leggere questo libricino potrà ritrovarsi "dotato" di questi accessori e della "pena" a cui conducono. Riderne o piangerne è una libera scelta come decidere di leggere l'uno o l'altro libro appoggiato sul comodino. Lo scrittore si espone apertamente creando quell'empatia inarrestabile che sgorga dal pensiero "lo faccio anche io", oppure "succede anche a me". Quando scatta questa scintilla ideale non si può che diventare buoni compagni di viaggio anche se, come scrive l'autore, massimamente seduti sul divano o sdraiati sul letto. 

 

Il percorso proposto al lettore ha un ricco corredo di ossessioni ed ansie tipiche dei cosiddetti "lettori forti" e che spesso non hanno nulla a che vedere con la lettura in sé. Succede infatti che uno dei tabù che il lettore deve affrontare è l'azione di prestare un libro. Il più delle volte tale gesto, che è un semplice invito alla condivisione della lettura, si traduce nella tragedia dello smarrimento del libro che non verrà mai restituito. Tragedia alla quale persone di "buon senso" non possono esporsi ed un possibile stratagemma per non subire questo sacrificio è occultare la propria biblioteca (per i più facoltosi) o libreria per evitare la fatidica domanda: "me lo presti?".

Seppure di senso diverso le stesse ansie possono risiedere nei libri regalati. In questo caso non è la mancata restituzione o, nell'ipotesi non necessariamente migliore, le pessime condizioni nelle quali viene restituito il volume, perché il libro regalato non è mai solo un oggetto. In realtà è un soggetto dotato di anima e vita propria in grado di "spostarsi", di "offendersi" e di "filiare". Donare soggetti in grado di "autodeterminarsi" è una responsabilità immane soprattutto se il libro non si dimostra all'altezza del compito perché mediocre o insignificante per colui che lo ha ricevuto in dono. E che dire se non venisse nemmeno letto?

 

Non possiamo però prescindere dalla "corsa all'accaparramento" tipica dei momenti di crisi. Il lettore forte è avvolto da una crisi perenne per cui entra in libreria per acquistare un volume e ne esce con tre!, quattro!, dieci! Questo comportamento ossessivo compulsivo trova una parziale risposta nella "necessità" di leggere tutto. Operazione aritmeticamente impossibile, ma che davanti agli scaffali, davanti alla bancherella viene oscurata. Ed il lettore forte si ritrova il "classico" comodino sommerso di libri dei quali, al primo trasloco o spostamento, non ricorderà nemmeno l'acquisto.

Questa ossessione per il "tendere ideale a leggere tutto", anche nell'impossibilità letterale di poterlo fare, ha l'altra faccia della medaglia nel dichiarare come letti libri mai letti perché ci sono classici che "non puoi non aver letto".

 

Per non parlare dell'approccio alla "manipolazione" del volume. C'è chi lo legge allargando all'inverosimile l'apertura possibile tra le pagine e chi invece scosta le pagine con tale cautela ed attenzione che alla fine della lettura il libro sembra non essere stato nemmeno sfogliato. Poi ci sono quelli che fanno le orecchie alle pagine, scrivono note a margine, a matita o a penna, sottolineano anche con evidenziatori. Questi comportamenti sono tutti autoescludenti, se fai parte della "tribù" che sottolinea solo a matita rifuggirai il sottolineatore con penna o peggio con evidenziatore. Se scosterai le pagine con cautela non potrai mai solidarizzare con chi squarcia la rilegatura o fa le orecchie alle pagine. Eppure tutti leggono apprezzano, o disprezzano, lo stesso libro. È un modo diverso per affrontare la "vita della lettura", chi è più passionale, chi è più riservato e non ce n'è uno più giusto dell'altro.

 

Ed a proposito della vita ci sono interessanti passaggi sul concetto del vivere. È d'uso comune, peraltro supportato dal pensiero di grandi intellettuali, esortare alla lettura perché solo con questa potrai garantirti centinaia, migliaia (ma solo per i lettori fortissimi) di vite. Al contempo altri intellettuali e scrittori metabolizzano il fatto di aver letto troppo e di sentire la necessità di "gettarsi nella vita vera" e non restare rinchiusi nella vita romanzesca, finta per definizione. A queste due posizioni, ovviamente contrapposte, si contrappone la realtà dei fatti: se è vero che la vita romanzesca non è la vita vera, è pur vero che la vita vera non è dato sapere cosa sia precisamente, che fare la coda in posta o al supermercato, non ti rende più "vissuto" che aver letto un romanzo cavalleresco, seppure ora sai che la vita è colma di code e di attese, mentre forse può renderti più "vissuto" avere un travolgente amore o prendersi cura di chi ti sta accanto. Per certo non si è vissuto di più se si pubblica su un social media che si sta leggendo il tal libro, o si sta mangiando in tal posto, o si sta vedendo il tal film, o si ha mal di testa per un colpo dato allo scaffale mentre si recuperavano le attrezzature per un'escursione in Kenia. La vita è dove sei, qualunque cosa tu faccia, per questo io sono della scuola del "leggi tanto", ma non trascurare quello che fai quando non hai un libro aperto in mano perché la vita vera è questa, non trascurare.

 

Infine, ma il libro non finisce qui e non finisce così, si scrive dei lettori monogami e poligami. Il parallelismo amoroso può apparire improprio, ma solo se si prescinde dalla anima e vita propria che un libro possiede. Per questo ci sono lettori che non si sentono di "tradire" il volume in corso di lettura con altri testi, mentre altri lettori rinnovano quotidianamente l'esperienza di lettura facendo avanzare i progressi di più libri parallelamente. Ne scrivo ora, in conclusione, perché la lettura è amore, cultura, fantasia, passione ed ognuno sceglie di viverla come meglio crede. Del resto amare, o non amare, la lettura non deve diventare uno stigma, ognuno proceda per quanto può, per quanto riesce, per quanto vuole a prescindere dalla "tribù" alla quale appartiene, o meglio nella quale viene catalogato.

 

Note personali:

Io sono uno di quei lettori che non riesce a scrivere, sottolineare, fare le orecchie alle pagine dei libri.

Non ho letto Don Chisciotte e Madame Bovary, ma nemmeno L'Idiota, I fratelli Karamazov, Guerra e pace, L'uomo senza qualità, Sulla strada, Furore, Uomini e topi, Moby Dick, Le affinità elettive, Senilità, It, Il signore degli anelli, Il ritratto di Dorian Gray e tanti altri. Ad occhio e croce, in vita mia, ho letto non più di 400 libri, una miseria rispetto allo scibile umano, ma per me comunque una goduria, nonostante qualche delusione (per fortuna poche).

Tendo a leggere un libro per volta. La prima eccezione l'ho prodotta nel corso della lettura di Infinite Jest: nelle due estati (corrispondenti a sei settimane di villeggiatura) nelle quali ho terminato il libro, ho inframezzato con altri libri. Ad essa sono seguite poche altre letture poligame.

Ho abbandonato la lettura di tre libri: Sulla strada, L'isola del giorno prima (anche se di Eco ho amato Il nome della Rosa, ma soprattutto il pendolo di Foucault), Il signore degli anelli (anche se di Tolkien mi sono divorato Lo hobbit e faticosamente conquistato Il Silmarillion, quest'ultimo per me lettura assai difficile).

Su tutti ho un autore dal quale non sono mai stato tradito o deluso: Kurt Vonnegut. Escludendo i lavori di questo straordinario scrittore provo un sincero amore nei confronti de I ragazzi della via Pal (l'unico libro che mi è stato letto da bambino, ho riletto da bambino scolarizzato, ho riletto da ragazzo, ho riletto da adulto), Il giro del mondo in 80 giorni, Se questo è un uomo, Addio alle armi, Metello. Tanti altri libri mi hanno tenuti aperti gli occhi, ma tanti altri li ho dimenticati, non per colpa loro, ma per colpa del mio essere finito, limitato, parziale. Così va la vita (scrive Kurt Vonnegut in Mattatoio n. 5, o la crociata dei bambini)