Sembrava bellezza

Autrice: Teresa Ciabatti

 

Giudizio: ***

 

Tutto ciò che leggerete in questo libro è (para)verità. La para era quella particolare gomma, di superficie irregolare e granulosa, di color marroncino chiaro, che veniva utilizzata nei sandali di colore blu "con gli occhi" e, negli anni '70, tutti i ragazzini erano convinti che con quelle calzature si potesse correre più velocemente. Era una (para)verità, ma tutti ne erano convinti.

 

La scrittrice e la protagonista del libro sono la stessa persona. Nessuna finzione, nessun inganno, lo scrive la scrittrice stessa, nonché protagonista. Questa, ora, è una donna famosa, intervistata, ricercata in televisione grazie alle sue grandi capacità, la migliore scrittrice italiana. In questa vita di apparente soddisfazione personale porta in sé un senso di colpa, nascosto per prima a lei stessa ed anche ai diversi analisti che l'hanno avuta in terapia. Una vita che si potrebbe definire travagliata: separata, eppure ancora si riferisce al marito come il marito che pure l'ha lasciata per un'altra donna, una figlia, Anita, con la quale ha un rapporto estremamente conflittuale, completamente rifiutata dalla ragazza che la ritiene responsabile della fine del matrimonio dei genitori, forse perché sa dei tradimenti coniugali della protagonista, iniziati il giorno prima del matrimonio. Tradimenti occasionali, così li chiama la scrittrice.

 

La fama raggiunta la riporta in contatto con la migliore amica dell'adolescenza, Federica, sorella minore della ragazza più bella della scuola, Livia, a sua volta fidanzata del ragazzo più bello della scuola, Massimo. Un quadretto perfetto se non fosse che la scrittrice in questo quadretto non si inserisce. Emarginata perché è la provinciale arrivata nella grande città a "cercare la ruota", figlia di una madre della quale si vergogna, chiaramente sovrappeso ed imperfetta, asimmetrica, si riferiscono a lei come la cicciona che è uscita con Federica e non la invitano alle feste. Ora la scrittrice viene contattata da Federica che le racconta di come ha seguito da lontano la sua brillante carriera, di come ha tenuto i ritagli dei giornali come una ammiratrice.

 

Inizialmente la protagonista è più disturbata che lusingata, non vuole entrare in questo vortice di ricordi che per lei potrebbero essere dolorosi. Poi accetta, forse per rivalsa perché adesso è lei quella famosa, e si rituffa nella sua adolescenza. Con Federica scavano nel loro passato e si confidano le rispettive e successive vite, si raccontando reciprocamente tutti gli errori, tutte le frustrazioni e tutte le difficoltà. La scrittrice vive questa intimità come un tuffo nell'adolescenza che in fondo non ha mai abbandonato perché non si è mai sentita adulta, nemmeno quando è diventata madre. 

E rivede anche Livia, immutata, letteralmente immutata, sia dal punto di vista fisico, sia dal punto di visto comportamentale: lei è ferma ai suoi 18 anni. Questa constatazione ed il racconto che le fa Federica dell'evento oscuro del passato, nel quale anche la scrittrice è coinvolta, fa salire in quest'ultima il senso di colpa del non fatto quando avrebbe potuto fare. Quel senso di rivalsa iniziale non viene meno, anzi viene acuito, ora la scrittrice può dimostrare di essere lei la benefattrice. 

È un continuo ribaltamento del ruolo per la protagonista che al contempo si vede nel giusto e nello sbagliato, sarà poi vero che lei è davvero quello che si sente, migliore? Incontra Massimo e fatica a riconoscerlo. Era il ragazzo più bello della scuola, anche lei se n'era innamorata, ma non veniva degnata di uno sguardo. Ora è invecchiato, ingrassato di trenta chili, con la barba. Eppure la protagonista sceglie di avere un rapporto occasionale anche con Massimo, quel ragazzo che le faceva battere il cuore. Così tradisce Livia, ed anche Federica, nonostante Massimo e Livia si siano lasciati in quei fatali 18 anni e per trent'anni non si siano più visti. Dove sta la bontà e dove la cattiveria?

 

Il 28 maggio però tutto avrà una fine, inaspettata, sembrava bellezza.