Filosofia di Fantozzi

Autore: Stefano Scrima

 

Giudizio: ****

 

A tutti succede di riconoscersi in quel servile, impacciato, sfortunatissimo ragionier Ugo Fantozzi. È un supereroe (post)moderno al pari di quel rissoso, irascibile, carissimo Braccio di Ferro. Ma Fantozzi è quello che perde, perde sempre, perde comunque, perde anche quando vince. Tanto che fantozziano diventa un aggettivo della lingua italiana: "Di persona, impacciato e servile con i superiori. Anche, di accadimento, penoso e ridicolo" (Fonte: treccani.it).

 

Fantozzi nasce, vive e soffre per farci ridere. Ridere nonostante tutto. Ridere della società in cui viviamo. Ridere dei canoni culturali che contraddistinguono le nostre esistenze. Ridere delle disgrazie altrui perché "meglio a lui che a me". Ridi che ti passa e fatti una risata ogni tanto perché tu non sei Fantozzi, sei solo tale e quale però in carne ed ossa. Quante volte hai programmato un fine settimana al mare e, dopo interminabili ore di coda al casello per colpa di un proditorio sciopero dei casellanti che rivendicano sul lavoro quello che tu non hai, arrivi in spiaggia ed inizia a piovere? Sei Fantozzi, fatto e finito.

 

Scrima ci racconta di come Paolo Villaggio innervi nel suo personaggio una profonda critica sociale e culturale. La catastrofe è sempre lì che aspetta Fantozzi, o come dicon tutti Fantocci, fulcro imprescindibile di un sistema dal quale non può sfuggire perché è la sua esistenza stessa che garantisce il perdurare del sistema. Serve un "ultimo" sul quale tutti possano contare per dimostrare la loro "forza", che sia il potentissimo presidente, come è umano lei, oppure colleghi assenteisti che lasciamo a Fantozzi l'incombenza di coprire le loro assenze. E l'unico sanzionato per assenteismo sarà il nostro fantozziano ragioniere.

 

Fantozzi cerca di districarsi da questa melma adottando pratiche analoghe a quelle che subisce, ma che invariabilmente gli si ritorcono contro per incapacità, goffaggine, vigliaccheria. Anche quando si ribella al vile destino da ragioniere Fantozzi è sempre lui a subirne le conseguenze. Ribellarsi all'ennesima visione del film colto, infrangere la vetrata dell'azienda, vincere a biliardo per un inaspettato scatto di orgoglio contro il mega dirigente che lo ha bullizzato per tutta la partita, consolare la figlia irrisa dalla direzione aziendale nel corso della recita natalizia, lottare per difendere la stima, e non l'amore, che la moglie ha nei suoi confronti.

 

L'infelicità aleggia come un avvoltoio nelle diseguaglianze di una società in cui tutti cercano di migliorare la propria condizione contro, e non con, gli altri. Fantozzi è emblema di tutti e di tutto, quando nacque dalla penna di Villaggio negli anni '70, ma lo resta ancora oggi in una società che è figlia di quella e che mantiene immutate le eredità più detestabili e deprecabili. Possiamo riderci sopra.