Sette brevi lezioni sull'epicureismo. Epicuro e l'arte della felicità

Autore: John Sellars

 

Giudizio: ***

 

Sono solo sette e sono brevi, per davvero. Questa è una verità anche se quel che per l'autore e per me è breve potrebbe non esserlo per altri. Anche questa è una verità. Chi si aspetta qui valutazioni da "persona informata sui fatti", lasci perdere. Io sono all'oscuro di tutto, posso solo abbozzare la filosofia di Epicuro per tramite dell'autore affermandone la ragionevolezza e non la verità assoluta. 

 

Di che cosa abbiamo realmente bisogno per vivere una vita felice? La risposta che fornisce Epicuro è la tranquillità. Nulla di più lontano da quanto si possa immaginare per il filosofo tratteggiato come dedito a "sesso, droga e rock'n'roll" ante litteram nella comune non comune che fondò nei pressi di Atene. Per Epicuro la felicità sta nell'assenza del dolore, che sia fisico o dell'anima. In base al concetto attuale che tutti noi possiamo attribuire al termine "felicità" si può dire che Epicuro sia fuori tempo. Ed è letteralmente vero, ma possiamo escludere che la sua filosofia abbia un fondamento di verità? Forse no. Forse l'essere felici non è "il di più" a cui oggi tutto ci spinge.

 

Epicuro afferma che il dolore fisico può essere alleviato dal piacere mentale. Questo dolore è meno gravoso del dolore dell'anima perché se non è grave passerà in poco tempo, mentre se è più intenso cesserà rapidamente conducendo alla morte. In entrambi i casi ci si troverà nella condizione di "assenza del dolore". È possibile obiettare che non si potrà trovare felicità nella morte, ma Epicuro afferma che la morte è la condizione di non esistenza e quindi non paragonabile con la vita che è la condizione di esistenza. La morte è una cosa diversa e non deve spaventare perché, prima o poi, riguarderà con certezza tutti, e dopo di essa non esisterà più quell'io che provava dolore.

Epicuro è convinto che il dolore sia il male, mentre il piacere sia il bene purché ricercato in modo calcolato e non fine al suo mero inseguimento per perpetuarlo. Il dolore fisico può essere alleviato dal piacere mentale. Il ricordo di momenti piacevoli, la conversazione con un amico, possono aiutare e lenire il dolore. Ma non tutti gli atti di piacere sono privi di conseguenze dolorose e quindi il piacere deve essere ricercato con oculatezza.

Se avere fame è una sensazione dolorosa, al contrario essere sazi produce una sensazione di piacere e questo piacere non aumenta se continuiamo a mangiare, anzi, se proseguissimo potrebbe condurre ad una dolorosa indigestione. Se la povertà può gettare nello sconforto e nella dolorosa disperazione del non sapere come vivere, un'eccessiva ricchezza può generare la preoccupazione di come difendere i propri beni. Questo condurrebbe all'assenza di tranquillità che secondo Epicuro è la condizione necessaria per vivere una vita felice. La felicità è puntuale, quando la si raggiunge non può essere aumentata, anzi tentare di farlo potrebbe rendere infelici.

 

Per Epicuro una vita piacevole non è quella trascorsa tra feste, buon cibo e vino, piaceri carnali ma quella che affrontiamo nel sobrio ragionare che indaga cause e conseguenze di ogni atto da noi scelto o rifiutato. In particolare su dèi e destino dopo la morte, cioè quello che oggi chiameremmo soprannaturale, e che è fonte di profondo turbamento mentale che è superiore al dolore fisico. È vuota quella filosofia che non contribuisce a curare la malattia dell'anima. Quindi la filosofia come terapia per ricercare felicità, bene, piacere, la filosofia come terapia necessaria perché la vita è foriera di dolore e sofferenza da limitare e superare.

Per questo motivo è necessario osservare, studiare, capire. Non appaia quindi una stranezza gli studi che Epicuro dedicò alla natura ed alle condizioni meteorologiche. Sapere che le saette non sono lanciate in modo più o meno casuale da un dio furioso, poterle prevedere in qualche misura perché frutto di una combinazione di elementi naturali è condizione che dà all'essere umano tranquillità ed aiuta a trovare la serenità nel sapere che gli eventi accadono in quanto naturali e non sovrannaturali. Prova ne sia la lettera che Epicuro scrisse a un amico il giorno della sua morte. Tra i profondi dolori fisici a cui forse non era preparato, trovò sollievo scrivendo all'amico della persistente serenità e tranquillità raggiunta data dal fatto che, come era naturale, tutto quel dolore sarebbe finito in breve alleviato dal ricordo del piacere goduto in vita.