Autore: Stefano Scrima
Giudizio: ****
Ma cosa vuoi che sia una canzone?
Voglio solo che sia una rivoluzione.
E rivoluzione sia.
Quanto è bello, e devastante, poter fare la migliore cosa possibile e restare imprigionato nell'impossibilità di ciò che credevi possibile. Questo libro non racconta la storia di Kurt Cobain e dei Nirvana, o meglio racconta "solo" la loro intenzione, racconta "solo" la loro aspirazione. E quel "solo" è comunque tantissimo, talmente tanto che ancora oggi ci sono persone che indossano le loro magliette anche se, forse, per motivi diversi rispetto alle intenzioni.
Kurt ed i Nirvana hanno creato quella miscela da cui è scaturito un suono, ed una vita, diversamente punk, diversamente pop, diversamente rock. È quella cosa che è stata etichettata grunge perché ogni tassello dello spettacolo deve essere identificato e classificato per continuare a vendere e divertire, ma soprattutto a vendere.
La loro rivoluzione è immaginata prendendo il potere dall'interno del sistema per farlo marcire, ma senza mettere adeguatamente in conto che il sistema avrebbe proseguito imperterrito e si sarebbe alimentato della loro rivoluzione passando sopra la testa di tutti e di tutto. La generazione dei giovani apatici, dei giovani disinteressati a tutto, la generazione tradita da un mondo che nega un futuro, la generazione che non conosceva i Nirvana prima della fama, si appassionerà alle loro parole perché accompagnate da chitarre distorte avvinghiate a suadenti melodie pop. I Nirvana vengono compresi su un piano diverso rispetto a come Kurt avrebbe voluto fossero compresi. Quando un prodotto "si vende", seppur rivoluzionario, resta un prodotto che il pubblico consuma.
Kurt si sentirà marcire dentro perché anche lui ha tradito. Ha tradito chi doveva essere tradito perché fascista più del fascismo, quelli per cui l'indipendente non può esplorare altri generi e men che meno vendere, vendere tanto, ed ha tradito le persone alle quali voleva mostrare la rivoluzione di essere liberi di fare e dire ciò che a loro piaceva. Le persone non l'hanno capito e si sono innamorate del "prodotto". Si sono innamorate della rockstar senza cogliere il fatto che quella rockstar non era interessata a vendere il prodotto per marciare, ricca e maestosa, sulla strada del successo commerciale seppure Kurt volesse diventare una famosa rockstar. Contraddizioni ce ne sono e sono parte di quella generazione, dei diseredati e degli yuppie.
Nel nome, scelto non a caso per la band, si identifica quello stato che si raggiunge nel momento in cui c'è il superamento del dolore, di tutto il dolore. Un dolore fisico ed un dolore metafisico. Per il primo c'è l'eroina, per il secondo c'è la ricerca di una serenità che arriva quando si suona. Ma non bastano, non bastano mai e ne vuoi altro, e altro, e altro e gli intervalli tra l'uno e l'altro diventano sempre più insopportabili.
Sappiamo come è finita. Forse adesso pensiamo che non poteva finire diversamente perché era un "gioco" troppo grande o, forse, troppo ingenuo. L'ingenuità è uno schermo che protegge fino a che non si apre la porta che risucchia l'anima: mostra tutte le contraddizioni che portiamo con noi senza che lo schermo dell'ingenuità ci possa proteggere. Ora accendo lo stereo e torno ad essere il ventenne che aveva ascoltato, apprezzato, sognato e che non aveva capito.