A pala e piccone

Autore: Vincenzo A. Scalfari

 

Giudizio: ***

 

L'archeologia non più essere una metafora della vita, l'archeologia è una ipotesi di vita. Non sempre la migliore possibile, ma, se c'è amore, con il duro lavoro, un muro tornerà alla luce. 

 

Il flusso di coscienza che scorre tra le pagine distribuisce gioie, stupori, candori, cronache, sapori. Questi ultimi sanno di vita, a volte imprecisa, sempre inevitabile, in tutti i casi inattuale, vissuta sul filo del "ci sono sempre, eh, non crediate che non ci sia". E l'esserci è una cifra tonda, senza decimali e senza resti, scandita dal lavoro, dall'archeologia, dall'amore. Parole grosse, ingombranti, non sempre comprensibili se calate nel contesto inadatto alla loro dimensione e ragione.

 

Il lavoro è fatica, passione, ricerca. E questo potrebbe bastare per imbastire l'abito da lavoro, appunto, e brandire pala e piccone. Ma se ci pensiamo con l'occhio sgombro da facili tipizzazioni la fatica, la passione, la ricerca sono caratteri anche di archeologia ed amore. Quindi scrivere dell'uno significa scrivere anche degli altri? No, sì, forse, ma questo non è un quiz è solo una sensazione, postuma e per questo più precisa, forse. 

 

L'archeologia è quell'amore che rimbecillisce le persone che amano l'archeologia. Non basta essere archeologo per amare questo lavoro, la sua fatica, la sua povertà. Si deve credere in chi ha insegnato ciò che si sa per saperne anche più di lui, almeno quanto lui. Al contempo l'amore per l'archeologia chiede di scegliere dove è giusto stare o andare per assecondare questa passione. La scalata per avere un ruolo e la monetizzazione dello scavo per non perdere finanziamenti rende l'archeologia meretricio, non amore. Capirlo ed assecondare la passione allontana dalla sua svalutazione, ma rende tutto più difficile. 

 

Per l'umano sentimento dell'amore per i vivi appare tutto più semplice. Conoscere una persona, innamorarsi della sua bellezza, del suo modo di fare, del suo sorriso, voler passare con lei la vita, non fa sempre i conti con la natura umana. Perché il difficile arriva quando si capisce che l'altra persona non è più la meravigliosa sorpresa di cui ci si è innamorati. La semplicità della risata complice diventa difficoltà della risata dovuta e, senza capire come e quando, nel momento in cui si realizza questa sensazione qualcosa è successo nel fragore dell'amore che rimbecillisce. Si rinsavisce e per questo si soffre, maledetti ossimori!

 

Nel lavoro, in archeologia e nell'amore si devono fare scelte di maturità e si rimpiange quello che era a vent'anni quando tutto era una sorpresa. Anche questa è la cifra precisa della vita che è fatica, passione, ricerca come per il lavoro, per l'archeologia, per l'amore. Grande anch'essa, la vita, tanto da racchiudere tutto ed esserne al tempo stesso racchiusa.