Il mito di Sisifo

Autore: Albert Camus

 

Giudizio: ****

 

Diciamo assurdo per significare che non è possibile, poi la vita si presenta in tutta la sua assurdità senza che ci sia una soluzione se non l'accettazione dell'assurdità come atto di (r)esistenza.

 

L'autore ci offre un boccone amaro dell'assurdità dell'esistenza: priva di significato, irrazionale, impossibile, ingiusta, crudele. È ben disperata e desolata questa prospettiva per la quale non si vede via di uscita se non porre termine all'esistenza. Però il suicidio, fisico o spirituale che sia, non affronta il problema: lo sfugge affidandosi alla speranza della solo supposta esistenza di un'entità superiore e non spiegando come sia possibile che sulla stessa terra ci siano guerre nelle quali si ubbidisce ad ordini assurdi e persone che muoiono di fame in presenza di persone che vivono nel lusso. La condizione umana è pregna di assurdità e per l'autore la soluzione, se così la possiamo chiamare, è la sopportazione dell'assurdità dell'esistenza, sopportazione che può condurre alla libertà nella resistenza attiva e volitiva nei confronti dell'assurdità dell'esistenza.

Sisifo, in grado di imprigionare la morte e sospenderne i suoi effetti sulla terra, riesce a sfuggirle, ma, catturato, subirà l'assurda condanna di spingere un pesantissimo masso dai piedi di un monte fino in cima per vederlo poi rotolare fino a valle e doverlo riportare in cima. La condanna lo rende un essere felice perché in essa conosce i propri limiti e quindi assume su di sé il proprio destino che non dipende da fatti esterni e fuori da sé.

 

È necessaria la presa di coscienza dei propri limiti e l'assunzione del sentimento dell'assurdo che sta nella condizione umana e poi resistere, resistere, resistere.