La mite

Autore: Fedor Dostoevskij

 

Giudizio: ****

 

Il racconto inizia con il tragico epilogo. Conosciamo già il finale anche se la vicenda che porta ad esso la scopriremo solo dopo, solo quando tutto è già compiuto, proprio nel momento in cui pare sia stata trovata la soluzione in una vita diversa insieme. È stata fatta una nuova promessa di felicità che si realizzerà altrove ed allo stesso tempo è stata rifiutata nel modo più definitivo possibile. Cinque minuti è l'illogica entità del ritardo del marito che, se non fosse stato, avrebbe generato nuove e luminose prospettive. È il protagonista a dirlo, ma non vi sono motivi per crederlo possibile.

 

Il racconto del narratore sostiene ragioni e torti di un amore che per la moglie non è mai stato e per lui lo diventa postumo. Lo diventa mentre cerca di mettere insieme le cronache che hanno condotto al finale fatale. Un rapporto che, nonostante gli "slanci" del protagonista, appare difficile, addirittura impossibile: lei poco più che bambina, lui più interessato a sentirsi nobile d'animo, distaccato e severo che innamorato. Lui che si atteggia e marito irreprensibile e generoso, ma irreparabilmente inadeguato a comprendere ciò che richiede la vita insieme. Lei prigioniera prima delle zie e poi di un uomo che non ama. A lei, il marito, riconosce il tentativo di amarlo, in una prima fase, e poi di disprezzarlo, in un secondo momento, momento dal quale il matrimonio non uscirà più. Un matrimonio di due solitudini che rimangono tali.

 

Il finale ci riconduce all'inizio, con la folla che "accoglie" il protagonista davanti a casa al suo rientro di poco tardivo. È un uomo solo circondato da persone che realizza la sua solitudine, non come scelta libera e volontaria e felice, ma come inevitabile destino al quale si è sottratta la moglie.