Io, Jack e Dio

Autore: Andrea De Carlo

 

Giudizio: *

 

Amicizia, amore ed illuminazione divina è la trinità che attraversa le pagine di questo romanzo. Un'amicizia adolescenziale, rinsaldata da un patto eterno che nel segreto dei due cuori non è genuino e viene disatteso. Affiorano ricordi di una vita passata, tanto bella quanto perduta perché negata da tutto ciò che è successo dopo quei momenti felici.

 

La protagonista, Mila, vive una storia d'amore inattesa con un cantante locale famoso che giunge ad tragico finale nel quale lei stessa rischia la vita. In quel momento di profonda prostrazione riappare l'amico Jack, dopo che per sette anni era sparito rendendosi irrintracciabile. Ma Jack è cambiato tantissimo: il vecchio amico, complice, confidente non è più il suo Jack ora è frate Jack.

 

In questo momento Mila inizia una rincorsa, a tratti quasi rancorosa, per capire il motivo della sparizione, per conoscere le ragioni di una conversione che le paiono innaturali, per capire sé stessa ed i suoi sentimenti. Conversione, peraltro, che non ha nulla di ordinario e Mila lo scopre assistendo ai colloqui collettivi che fratelli e sorelle di Jack organizzano nel vecchio convento che stanno ristrutturando. Si parla di un Dio al di fuori dallo schema in cui viene rappresentato nelle religioni organizzate, così come le chiamano i fratelli e le sorelle di Jack.

Gli incontri, con un numero sempre crescente di curiosi che assistono, sembrano organizzati per parlare dell'amore, dell'amicizia, della gentilezza ma fanno emergere come questo non sia esattamente quanto scritto sui testi sacri. Nel corso di questa "predicazione al contrario" nella quale si invita a credere in Dio che non è il Dio in cui si crede, ma è un Dio migliore, emergono con prepotenza i reali sentimenti delle persone, le ipocrisie, le paure, le invidie fino a far scoppiare il caos, con tutte le inevitabili conseguenze.

 

Nota a margine

Ad essere sincero questo libro mi ha deluso. L'aspettativa che amicizia ed amore potessero essere ricompresi in un dinamica trascendentale divina è rimasta delusa. Il romanzo rimane terreno, troppo terreno, e la presenza divina è giustificata solo come espediente narrativo. Nonostante questo ho trovato interessante la sagace rappresentazione di come la religiosità non coincida con la fede e di come la fede sia praticata come atto dovuto per riconoscersi parte di una comunità senza che il sentimento di fede sia adeguatamente meditato ed introiettato come sublimazione di un credo e non come mera convenzione sociale, pratica terrestre che si estrinseca nella messa domenicale.