La donna che rise di Dio

Autore: Roberto Mercadini

 

Giudizio: ***

 

Dio, quell'entitatà nominalmente nota a tutti ma intimamente sconosciuta ai più, che ci sovrasta onnipotente, onnisciente e quindi infallibile, viene rappresentato nella Bibbia in un modo assai lontano da come la cultura popolare, prima che religiosa, lo ha introiettato e ce lo ha fatto conoscere. Nessuno se ne abbia a male, ma spesso fa scelte sbagliate o controintuitive, come si direbbe adesso, e queste sono in qualche modo mascherate dall'interpretazione umana che si deve necessariamente fare carico di riempire le omissioni presenti nel testo. Le vie sono imperscrutabili anche per le evidenti omissioni.

 

Eva, creata partendo da un "pezzo" di Adamo (non necessariamente una costola) non è il primo ed unico tentativo di affiancare ad Adamo una compagnia (la "i" non è un refuso perché i precedenti tentativi non sono assimilabili a quello che oggi intendiamo come donna. Caino, il cattivo per antonomasia, dei primi due figli di Adamo ed Eva era il più devoto, solo imitato da Abele che però era il prediletto: l'invidia alberga incessantemente nella Bibbia. Com'è, come non è, Caino uccide Abele e Dio, onnisciente, lo mette in trappola con una domanda retorica "Dov'è Abele?" ben sapendo cosa è successo, ma costringendo Caino a dichiarare che lui non era il tutore di Abele, quando invece, in quanto fratello maggiore, lo era. La condanna sarà peggiore di quella di Adamo. Questi è stato costretto a lavorare con fatica per ottenere frutti dai campi lavorati, Caino nonostante la fatica non avrà frutti dal suo lavoro (oggi diremmo che siamo in presenza della violazione dei diritti umani).

 

Eppoi l'incesto, condannato mortalmente, non trova una ragionevole negazione nella pratica prima per il proliferare dell'umanità e poi per la creazione del popolo di Abramo (a volte basta omettere e tutto fluisce come non deve fluire, ma giunge comunque al finale voluto). Abramo, prescelto da Dio come capostipite del suo popolo, dopo un quarto di secolo di peregrinazioni e tribolazioni (materiali e morali, come giacere con la serva ed averne un figlio, una maternità surrogata antelitteram, o lasciare che la moglie Sara giaccia con il faraone, tanto che Abramo inizia a dubitare delle richieste di Dio), vede la promessa del figlio maschio mantenuta ed avrà Isacco da ultra novantenne dalla moglie Sara ottuagenaria, la donna che per questo rise di Dio.

 

È divertente, non se ne abbia a male nessuno, la scelta di Mosè come salvatore del popolo ebreo e destinatario delle tavole delle leggi. Mosè, raccolto dalla figlia del faraone nelle acque del Nilo dove lo aveva deposto in una cesta la madre per salvarlo dall'infanticidio dei primogeniti ebrei ordinato dal faraone, cresce a corte. Lui è straniero per gli ebrei e non conosce il loro Dio, eppure viene scelto da questo dopo che è stato esiliato dal faraone perché ha ucciso un egiziano che maltrattava gli ebrei. Dio parla a Mosè e questi non si capacita di essere adatto a fare da tramite tra un Dio che non conosce ed il suo popolo che lo ritiene uno straniero. Mosè chiede a Dio cosa dire di colui che gli ha parlato, qual è il suo nome, e Dio risponde "Io sono quello che sono". Affermazione inappuntabile che non può che lasciare perplesso Mosè che, tra le varie omissioni, compreso il nome di Dio, farà quello che deve fare. Il potere del non detto.

 

Eppoi si aggiunge la questione "istituzionale", il popolo di Israele non ha un re come i popoli vicini, è una teocrazia compiuta: Dio parla ad un giudice (autorità morale) e questi governa il popolo attraverso la parola di Dio. Fino a che il popolo non vuole un re come tutti gli altri popoli. Verrebbe meno la gerarchia in essere e Samuele, giudice in quel momento nonché profeta, chiede consiglio a Dio e Dio risponde "ascolta il popolo" anche se queste parole contraddicono la prassi tenuta fino a quel momento e sono contrarie alla volontà di Dio e di Samuele. Si passa dalla teocrazia alla democrazia in un batter di ciglia. Com'è, come non è, Samuele nomina re Saul per la sua bellezza e, nonostante la bizzarra motivazione, Saul si comporta egregiamente fino a che disobbedisce a Dio non facendo strage del nemico. Si crea un conflitto "istituzionale" che si risolve con la deposizione di Saul e con l'insediamento di Davide che pure non è uno stinco di santo e procurerà morte e dolore tra i sudditi, ma acquisterà il terreno dove il suo saggio successore, Salomone, farà sorgere il tempio.

 

Altre storie sono raccolte in questo libro tutte all'insegna di come la Bibbia racchiuda il carattere umano (e disumano) della vita sul pianeta terra. Come quella di Sodoma (per gli ebrei la vicenda è una questione di cattiva ospitalità, per cattolici e musulmani è una questione di omosessualità, il potere dell'interpretazione), quella di Giuditta che salva tutto e tutti dalla bramosia di Oloferne, quella di Giona profeta la cui tragedia è essere stato scelto come profeta. In molte vicende Dio assume scelte più prossime all'umanità che al divino, quindi fallaci, quindi contraddittorie. Così va la vita. Qualcuno, non ricordo chi, disse che Dio non è un santo e la Bibbia ce lo rappresenta nella sua infinita vicinanza all'umano tra amore, perdono, ira, vendetta.