Le perfezioni

Autore: Vincenzo Latronico

 

Giudizio: ****

 

Una vita ricca senza essere ricchi, una vita felice senza essere felici, una vita appagante senza essere appagati. Eppure il punto mediano è quello che ha fatto la differenza fino a che è esistito. Perso quell'equilibrio le perfezioni sono venute meno. L'equilibrio che stava tra la differenza che li ha resi incompresi in patria, incompresi tra i familiari, ed allo stesso tempo li ha resi parte di una comunità di stranieri a Berlino.

 

Una coppia italiana a Berlino che si scopre adulta facendo ciò che ha sempre fatto nel tempo libero fin dalle scuole. I due vivono un momento magico nel quale possono pensare che il loro lavoro è ciò che hanno sempre amato fare. Essere pagati per fare ciò che si ama è un privilegio.

Ma non solo. Frequentare ambienti cosmopoliti, informali, ma coesi grazie a quella tensione superficiale che tiene insieme molecole della stessa sostanza liquida, è piacevole e li fa sentire parte di qualcosa di più grande: sono un'unità mobile in un organismo in divenire, inarrestabile, inestinguibile. Un gruppo casuale che cresce, si sfalda e si ricompone nella ritualità di ciò che è possibile a Berlino e che non lo sarebbe in Italia. Una gioventù che parla la stessa lingua pur essendo tutti di madre lingua differenti. È una lingua non necessariamente parlata, ma vissuta. Non parlano tedesco e si districano con un inglese con le più svariate inflessioni spagnole, francesi, greche, turche.

 

I soldi ci sono, l'amore di coppia è ordinario ma solido, i nuovi amici si incontrano in contesti culturalmente stimolanti. Eppure qualcosa si incrina. La vita viene sopraffatta dalla "colonizzazione" anglofona dei madrelingua inglesi. Nonostante per la coppia sia più semplice capire un spagnolo ubriaco, che parla quell'inglese con un accento aspirato, rispetto ad un irlandese, realizzano che ora sono più informati sulle vicende sociopolitiche americane che sugli sbarchi nel Mediterraneo a poco più di due ore di volo da dove vivono. Il centro si è spostato.

Si rendono conto che alla loro generazione è mancato un atto di ribellione: avevano cambiato luogo senza cambiare nulla. Gli amici erano diversi e con i nuovi facevano cose diverse, ma tutto in continuità: la passione giovanile era diventata il lavoro, rigorosamente fatto da casa, con un ottimo wi-fi. Vivevano in Germania e non conoscevano tedeschi.

L'impegno umanitario, prima che politico, è un tentativo di risposta ad una mancanza, ma il campo di gioco non è il loro. Restano spiazzati, si sentono fuori luogo in un momento in cui il loro contesto abituale si sta dissolvendo.

A Berlino sono rimasti soli, gli amici sono tornati a casa, il lavoro è diventato ripetitivo, noioso. È giunto il momento di dare una nuova svolta alla loro vita. Ma se un tempo con la scelta di Berlino erano stati parte di una avanguardia, ora inseguono malamente le perfezioni che non sono più, ora rimpiangono i primi tempi berlinesi senza riuscire ad avvicinarli nuovamente. Non fu ribellione allora e non lo è nemmeno ora.

 

La normalizzazione è dietro l'angolo, ma non è un atto di resa è una semplice evoluzione: tutto passava da Berlino ed ora tutti quelli che sono passati insieme a loro in quelle strade sono altrove, loro compresi. Passato, imperfetto, presente, futuro.