Autore: Don DeLillo
Giudizio: ***
Nel museo di arte moderna un visitatore anonimo passa il tempo nella sala dove è allestita una installazione che proietta la visione rallentata del film Psycho di Hitchcock. Un film che il visitatore ha già visto a velocità normale e pure a velocità ridotta. Questa installazione consente al personaggio, che resterà per sempre anonimo, di valutare punti di vista apparentemente insignificanti nella visione a velocità normale, come il numero di anelli staccati dalla tenda strappata nella scena della doccia, ma anche di vedere le scene in modalità speculare facendo diventare la mano destra la mano sinistra, o dove appaiono ferite inspiegabili sul volto dell'attore nella dinamica della scena. Nel quotidiano permanere nella sala, l'anonimo osserva la vita che osserva la finzione rallentata: la routine delle guardie presenti e gli altri visitatori, chi frettoloso, chi disinteressato, chi curioso. Lo fa come se una particolare situazione, una donna che gli rivolgesse la parola, potrebbe essere la base di partenza per affrancarlo da questa visione reiterata. Creare un legame tra l'installazione e la vita vissuta. Non succede e la sua vita rimane all'interno della sala.
Mentre l'installazione riceve i visitatori un giovane regista si ingegna per girare un film con protagonista un professore universitario che è stato consulente del Governo nel corso della guerra in Iraq. Lo incontra e, dopo il primo secco no del professore, ottiene il benestare a procedere purché il tutto si svolga nella sua casa a San Diego, casa che il docente non ha amato, ma dove ora vive.
Il formato del film è semplice e dovrebbe impegnare i due per pochi giorni: il professore davanti alla videocamera che parla di lui e delle sue scelte, spesso contraddittorie. Odia la violenza, avendola subita da bambino, ma ha operato in qualità di consulente del Pentagono nel corso della guerra: c'era, ma non era lui, erano solo le parole, non necessariamente sue, e rivendica la giustezza di ogni scelta. I due discutono di cosa è il loro passato, la vita persa nel tempo e non percepita come vita e le scelte che sono inevitabilmente decisioni loro.
Un giorno si presenta alla casa la figlia, la più amata dal professore, e si crea una situazione di ipotetica attrazione tra lei ed il regista. La ragazza è stata spedita dalla madre dal suo ex marito perché teme una cattiva frequentazione. Un uomo pericoloso, sbagliato per la figlia.
Il lavoro al film si smarrisce, ma il regista non ha la volontà di prendere in mano la situazione. Il professore, che all'inizio non voleva essere testimone di sé stesso e della sua vita, lo diventa di quanto di più intimo ci sia, la figlia amata. Che però sparisce, senza spiegazioni, senza tracce. Le ricerche non portano a nulla e questo è il tracollo del professore. Ora è un uomo perso nella scomparsa della figlia, assolutamente inabile ad andare avanti.
La scena ritorna al punto di partenza. Ci troviamo nuovamente al museo con il visitatore anonimo che è ancora immerso nella visione di Psycho. Ora però una donna gli rivolge la parola e tutto ciò che è stato fantasticato potrebbe sostituire il film già visto anche al rallentatore. Il legame tra la vita vissuta e l'installazione che è diventata vita e non è più la finzione che invece avanza a velocità normale.
Il Punto Omega è il massimo livello di consapevolezza di sé stesso. Questo può accadere a due uomini che guardano l'orizzonte di un paesaggio mastodontico e bellissimo nel quale alcuni vanno per "togliersi la vita" ed altri per "diventare solo materiale inorganico" per certificare l'estinzione perché da quel punto non si può più avanzare.