Autore: Rick Dufer (alias Riccardo Del Ferro)
Giudizio: ****
Preludio: il titolo scelto non mi piace e, dopo aver letto il libro, avrei suggerito "La ragione critica assediata dai demoni mondani". Probabilmente troppo lungo e troppo poco evocativo. Nonostante il brutto titolo, suggerisco la lettura del bel libro.
Il nucleo intorno al quale orbitano tutte le considerazioni che ci ritroviamo tra le mani è racchiuso in un assunto: cerchiamo la felicità a tutti i costi e ci accontentiamo di un falso surrogato che ci svuota e ci allontana dal senso della felicità stessa.
Spoiler: qui non viene scritto cosa sia la felicità che per sua natura è soggettiva ed inspiegabile (io potrei essere felice nel veder spuntare la prima margherita e tu potresti essere felice nel veder cadere il primo fiocco di neve. In entrambi i casi queste sono banalizzazioni della felicità indotta dall'esterno e tutto sommato spiegabili anche se reciprocamente discutibili. La felicità è individuale, insondabile e deve avere la caratteristica di persistere nel nostro animo per essere definita tale. Perciò margherite e neve non sono esempi utili a caratterizzarla, ma sono utili a dare il senso della soggettività, di quanto possa essere lontana tra gli uni e gli altri e di come sia difficile trasmettere questo sentimento interiore e spesso inconcepibile per altri).
Al contrario nel libro vengono affrontati tutti gli elementi distorsivi, con i quali abbiamo a che fare quotidianamente: abbassano le nostre difese che danno senso alle nostre scelte e ci portano a confondere la felicità con il piacere effimero e puntuale che dura lo spazio del tempo in cui avremo modo di sostituirlo con altro. I canoni sono diffusi da tempo e risiedono nella smodata necessità di essere iperstimolati. E per questo la non felicità viene spesso utilizzata come sinonimo di noia, pur essendo altro.
La fatica, e spesso la sofferenza, che ci porta la vita ci induce a cercare anestetici che leniscano il dolore, che riducano la fatica. La felicità viene così confusa con l'assenza del dolore, ma tale assenza è una fuga dalla vita. Decidiamo di assecondare tutti i piaceri che possono allietarci (infinite jest) per entrare in uno stato di perenne distrazione dove vale tutto purché restino fuori dolore e fatica. Acquistare, possedere oggetti, giocare con un videogioco, scorrere i social media sullo smartphone diventano un diversivo per essere perennemente impegnati. È l'intrattenimento che diventa dipendenza. Si matura quella che l'autore chiama iperdipendenza, cioè quello stato nel quale non sei più interessato a cosa sia ciò da cui dipendi, ma ti serve avere sempre qualcosa da cui dipendere perché dentro di te si è creato un vuoto che ti rende impossibile fare scelte consapevoli (odradek).
In tutto questo, cosa c'entrano i demoni? I demoni sono quelle entità psicosociali che attraverso l'esca del piacere, del divertimento perenne, invadono il nostro animo costringendolo alla resa da cui segue l'assuefazione fino all'annullamento.
La battaglia è quindi persa? No, ma deve essere combattuta quotidianamente. Le difese devono essere allertate e questo è faticoso, a volte doloroso. Può apparire controintuitivo, ma per non essere annullati (zombificati) è necessario percorrere quella strada di sofferenza e fatica dalla quale abbiamo cercato di fuggire lasciando agire indisturbati i demoni nel nostro animo. La soluzione che i demoni ci propongono non è la soluzione se vogliamo rimanere presenti a noi stessi, se vogliamo esercitare la nostra libertà di scelta, se vogliamo attraversare la vita cercando di essere degni di questa opportunità.
